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Zugabe: recensione di lowland (EP)

Col nuovo EP lowland, i veronesi Zugabe continuano ad affinare il proprio background sperimentale e far emergere interiorità e stati d'animo contrastanti, mescolando post-rock, slowcore, elettronica ambient e bagliori dream-gaze.

Zugabe

lowland (EP)

(Re_Verb)

elettronica ambient, slowcore, post-rock, shoegaze, dream-gaze, sadcore

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“Per essere guarito, lo spirito deve lasciarsi cogliere da qualcosa che lo trascende, che non gli è estraneo, ma entro cui si realizzano le sue potenzialità”. (Paul J. Tillich)

Con un’attività decennale alle spalle e a tre anni di distanza dal precedente sow the wind, la band slowcore Zugabe consolida la propria formula autorale realizzando il nuovo EP lowland, edito per l’etichetta ligure Re_Verb e anticipato dall’uscita del singolo If You Fall.

Il quartetto veronese – composto da Alberto Brignoli alla chitarra e voce, Alberto Gaio alla chitarra solista, Antongiulio Ceruti alla batteria e pad, Michele Pedrollo al basso – trascinando con sé la lunga ombra della pandemia, di quella centrifuga di isolamento e dolore di cui mostriamo ancora le cicatrici, si proietta all’interno di un focus narrativo dai forti contrasti emozionali, nel tentativo di guardarsi dentro e provare a incollare i pezzi, in un susseguirsi di suggestioni sensoriali in cui si fondono, senza mai mescolarsi del tutto, al pari di un genere d’arte fluida, esperienze dalle consistenze diverse, quasi a voler riprodurre quella condizione di solitudine che avvolge l’immaginario pittorico delle pianure scozzesi.

Così, sulla scia calligrafica dei vari Mogwai, Red House Painters, God Is An Astronaut, Arab Strap e Boards Of Canada, il collettivo veneto continua ad affinare il proprio background sperimentale, e a far emergere la parte più introspettiva di sé, attraverso una commistione di sonorità propedeutiche a enfatizzare atmosfere wendersiane e stati d’animo contrastanti – dal post-rock allo slowcore, dall’elettronica ambient ai bagliori ovattati di ritmiche dream-gaze – creando una sorta di raccordo umorale tra distensione e inquietudine, tra tensione e rilascio, tra correnti di bassa e alta pressione – se volessimo interpretare l’artwork grafico come l’immagine di un fenomeno metereologico osservato dalla prospettiva di un satellite artificiale.

Le quattro canzoni della release (Beyond The Fence, No Way Out, Zoe, If You Fall), quando cantate, giocando con l’assonanza fonetica e concettuale delle parole “the fence” e “defense”, quando tramite linee melodiche in chiave puramente strumentale, si condensano in uno spazio onirico fatto di landscapes crepuscolari e pervaso di colorazioni laviche, tra profonde malinconie e stalli esistenziali che sfumano nella natura inafferrabile del tempo, che si dilata e si contrae ciclicamente, scorrendo all’infinito.

Imprimendosi con pennellate di soffusa psichedelia spacey su una tela sonora evocativa, intima e viscerale, servendosi di effetti delay, riverberi, armonie chiaroscurali e lievi distorsioni, lowland si muove lentamente alla volta di mondi sospesi, nell’eterno dualismo tra materia e spirito, tra corpo e anima, in quel luogo ipno-evasivo dove i sogni rappresentano ancora l’unica terapia alternativa a una realtà divenuta sempre più inospitale: “and beyond the fence only the dream can lead us, remember, they have captive our body, not our soul”.

C’è chi, come i Zugabe, auspica ancora un domani differente. Però, che si chiami avvenire, piuttosto che, in maniera generica, futuro (“something to be made in the name of a different tomorrow”). Con l’illusione di poter rintracciare spiragli di luce nella forza di gravità dei sentimenti, oppure cercando semplicemente di alleviare il peso di certi cieli bassi e uggiosi, è così che cadremo di nuovo. Ma sarà soltanto un’altra occasione per rialzarci, e magari imparare a guardare le cose con occhi diversi (“if you fall, you must be saved, always”), lasciando che il tempo faccia il suo corso, mitigando delusioni e memoria.

 

facebook/zugabe

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