Il Festival Zanne sembrerebbe aver raccolto l’eredità del mai abbastanza compianto Frequenze Disturbate di Urbino. Solo che Zanne si svolge in Sicilia!
Il meglio dell’indie rock mondiale arriva anche quest’anno verso il fondo dello Stivale, fra mille difficoltà e tantissima voglia di fare.
Come e perché nasce Zanne Festival? Ce lo siamo fatto raccontare dal suo organizzatore, Nicola Compagnini.
RockShock. In Italia i festival faticano da sempre ad attecchire. Molti si lamentano dell’ostracismo delle amministrazioni e della scarsa collaboratività degli indigeni. È un caso che due dei festival più interessanti degli ultimi anni, ancora vivi sul suolo italico, siano confezionati in Sicilia?
Nicola Compagnini. La prima vittoria è proprio questa: abbiamo visto crescere di anno in anno la presenza degli indigeni; il catanese sa che a luglio c’è Zanne, ormai da tre anni a questa parte. È molto bello rendersene conto. La Pubblica Amministrazione fa quel che può, concedendo gli spazi pubblici e assicurando la manutenzione degli stessi, dunque non è proprio corretto parlare di “ostracismo”, semmai di difficoltà contingenti legate al bilancio comunale. Probabilmente se Zanne continua a crescere (e Ypsigrock si svolge da ormai 20 anni) è perché, oltre all’offerta musicale, il visitatore ha la possibilità di vedere e vivere luoghi unici nel loro genere. La Sicilia ha molti punti di forza che, purtroppo, sono spesso messi in ombra dalle difficoltà logistiche. L’importante è non desistere; con molta dedizione si riesce a far tutto, anche a piccoli passi.
RS. Organizzare un evento così grande nel bel mezzo della città, oltre ad un grande fascino, offre al pubblico una comodità impareggiabile. Immagino che l’indotto generato dalla presenza di un certo numero di persone che arriva e riempie hotel, bar e ristoranti non sia banale. Allo stesso tempo una location in centro porta a fare i conti con la solita signora anziana che brandisce la scopa per il troppo rumore.
NC. Il Parco Gioeni di Catania ha una posizione molto particolare: pur trovandosi all’estremità nord di Via Etnea, il nostro corso principale, sembra essere fuori città, sovrastandola e vegliando su di essa.
Incentiviamo da sempre l’utilizzo di biciclette e car sharing (abbiamo inserito anche dei widget appositi sul sito, per offrire e cercare passaggi in auto), proprio per non congestionare una zona che si trova comunque a due passi dal centro e, in questo modo, arrecare meno disagi possibili agli abitanti dell’area.
Le strutture alberghiere hanno un incremento di presenze. Per incentivare ancor di più il flusso turistico, Zanne ha attivato delle convenzioni con decine di hotel, b&b, ostelli e camping, che offrono tariffe speciali per i possessori di biglietti e abbonamenti. Il successo del Festival passa attraverso la promozione del territorio, ed è per questo che invitiamo i nostri spettatori ad approfondire la conoscenza di Catania e dei suoi dintorni. Sul nostro sito abbiamo creato anche una mini guida turistica per chi non conosce ancora la Città. Non per nulla si chiama Catania for Aliens.
RS. Con che occhi viene visto lo Zanne Festival dal catanese medio vostro dirimpettaio?
NC. Come un bomba deflagrata nel bel mezzo della città. A tre anni di distanza, pensare ad alcuni abitanti della zona che hanno descritto il live degli Swans come un flusso di inquietanti suoni “demoniaci”, ci fa sorridere. Il quartiere adesso ha compreso. Michael Gira ha evangelizzato tutti.
RS. Nella seconda metà degli anni 90 Catania era considerata la Seattle italiana. Quanto è rimasto di quel fermento artistico e quanto è pesante, ancora, quell’eredità? Pensate che sarebbe stato uguale uno Zanne Festival fatto in un’altra città? Quanto è importante Catania per lo Zanne Festival?
NC. Quell’eredità è un fardello che ci portiamo dietro da vent’anni. È chiaro che a volte può risultare un po’ pesante, soprattuto se non si riesce ad essere proiettati verso il futuro. La nostalgia può giocare brutti scherzi.
Grazie a quel periodo, però, il sottobosco della musica indipendente continua ad essere indubbiamente vivissimo: il fascino del passato si riflette sulla generazione che in quegli anni emetteva il primo vagito.
Sappiamo quanto sia una sfida organizzare eventi di questo tipo, ma è impensabile che una città di oltre 300.000 abitanti non avesse un evento musicale di questo tipo, continuando magari a vivere nel ricordo sgualcito dei REM al Cibali nel lontano 1995.
Il Festival comunque rispecchia il percorso e la crescita di chi quel periodo l’ha vissuto, anche marginalmente (per ovvi motivi d’età). Questo non significa essere passatisti: la line-up delle tre edizioni parla chiaro!
RS. Quanto è importante Catania per Zanne? Beh, Catania è il cuore del Festival: già il suo nome rievoca il Liotro, l’Elefante caparbio simbolo della Città, posto in piazza Duomo. Non potremmo immaginare quella statua lontana da quella piazza, così come non potremmo immaginare Zanne lontano da Catania. Quanta gente ci vuole per organizzare un evento così? Quanto lavoro c’è dietro e contro cosa dovete fare i conti ogni anno? Qual’è la parte più impegnativa e faticosa di tutto il processo realizzativo?
NC. Lo staff organizzativo di Zanne conta una decina di persone che dormono tutto l’anno con un elefante di peluche sotto il cuscino. Fatica e impegno? No, qui si realizzano le proprie passioni.
Finita la manifestazione, ritorniamo attivi già a settembre, preparando la line-up dell’anno seguente. Diciamolo pure, è la fase più divertente. Dopo si cerca di mettere tutto a punto: dalla burocrazia alla line up, dall’organizzazione delle attività gratuite fino alla logistica, passando per incombenze come il coordinamento con la stampa e addirittura i contenuti web o il merch. Tentiamo di non dare mai nulla per scontato… non è facile ma siamo amici molto affiatati, questo è veramente importante.
RS. Siete partiti subito, sin dalla prima edizione, con l’acceleratore a manetta e nomi importanti della musica internazionale. Di anno in anno la crescita dal punto di vista della offerta artistica è evidente. Come scegliete le band da mettere in cartellone?
NC. Parte tutto da numerosi incontri: ci confrontiamo, ci ascoltiamo, proviamo a parlare di quel gruppo semi-sconosciuto che abbiamo beccato all’estero per sbaglio o su un video di YouTube, poi tentiamo anche di mettere sul piatto le nostre ossessioni (perché tutti hanno le proprie ossessioni!).
La crescita è una naturale conseguenza: il primo anno abbiamo fatto un esperimento, il secondo lo abbiamo reso un test definitivo sulla tenuta della location e del pubblico, per il terzo era necessario provare ad alzare il tiro. Speriamo sempre che le scelte siano ben accolte dal pubblico. I feedback sui social ci fanno ben sperare e noi siamo aperti ad ascoltarli tutti, positivi o negativi che siano.
RS. Qual’è stato l’episodio più bello in tutti questi anni? Quello che vi fa dire che nonostante tutto vale ancora la pena sbattersi così tanto per fare in modo che lo Zanne Festival sia possibile?
NC. Sono tanti… da un punto di vista musicale, ad esempio, il primo anno i Black Lips rilasciarono un’intervista, dicendo quanto Catania fosse un luogo così incredibilmente pieno di storia e che negli States non vi fosse nulla di paragonabile.
Lo scorso anno John Convertino dei Calexico ci parlò nel backstage dei “luoghi di frontiera” (tema a loro molto caro) come la Sicilia e di quanto sia importante creare nuove opportunità di questo tipo.
La cosa che ci fa andare avanti è soprattutto la partecipazione massiccia di famiglie con bambini, di giovani e meno giovani, non solo durante i live, ma anche durante le attività diurne. Siamo orgogliosi di aver riunito tante associazioni locali ed ONG per riportare in vita quel Parco, tanto vicino quanto lontano. È questo che ci motiva ogni giorno di più, insieme a tantissima passione per la musica.
RS. Cosa ci dobbiamo aspettare in futuro dallo Zanne? Come vorreste sviluppare la vostra idea di festival? Come vi immaginate da qui a qualche anno?
NC. Proveremo a tenere alto il vessillo che ci rappresenta meglio: “Rock, Arts & Nature”. La nostra idea di Festival non è solo quella del “contenitore musicale”. Il fulcro del nostro progetto è la sensibilizzazione ambientale, sociale e culturale, attraverso la riconquista di spazi urbani dimenticati.
Si dice sempre che per una band il secondo album sia quello più difficile: non devi deludere le aspettative del pubblico, bensì mantenere alti gli standard. L’anno scorso è andata bene e speriamo che la terza edizione del Festival sia la conferma definitiva del percorso intrapreso nel 2013.
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