Yo La Tengo
This Stupid World
(Matador Records)
kraut-rock, folk acustico, psichedelia, atmospheric rock, country noise
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A distanza di tre anni dall’EP We Have Amnesia Sometimes e con quasi quarant’anni di attività alle spalle, gli Yo La Tengo mandano alle stampe il diciassettesimo lavoro in studio intitolato This Stupid World, edito per Matador Records e anticipato dall’uscita del singolo Fallout.
Il ritorno degli Yo La Tengo (collettivo formato da Ira Kaplan, Georgia Hubley e James McNew, rispettivamente chitarra, batteria e basso), tra le poche realtà superstiti di una scena indie sempre più risucchiata dalle vorticose spirali della cultura pop, non aggiunge né sottrae nulla a quello che è il calligrafismo identitario del trio originario di Hoboken, New Jersey, ma continua ad accarezzare quell’idea di contrasti in cui si alternano e convivono delicatezza e abrasività, silenzio e rumore, surrealismo e situazionismo, e dove i pensieri si scontrano per poi ricomporsi da un’altra parte, ritraendosi ed espandendosi in un gioco espressivo e complementare di luci e ombre, di dolcezza e ruvidezza, di leggerezza e avversità.
Anche in questo nuovo (ennesimo) take discografico (composto da nove tracce inedite), gli Yo La Tengo, scuotendosi da recenti torpori e forti di un carattere appassionato e malinconicamente sognante, hanno mantenuto viva quella formula eclettica, inquieta, agrodolce e autoreferenziale che da sempre ne contraddistingue la cifra stilistica, osservando le trasformazioni sociali e del tempo attraverso la spessa e opaca lente della disillusione.
“Questo stupido mi sta uccidendo, questo stupido mondo è tutto ciò che abbiamo”, canta Kaplan nella titletrack. Uno stupido mondo abitato da stupidi individui: la desolante, terrificante e distopica evidenza a cui nessuno, oggigiorno, può sottrarsi. Non sarà distogliendo lo sguardo dai segni del presente e del tempo che il dolore avrà pietà di noi. D’altronde, come diceva Giordano Bruno, “piaccia o meno, siamo noi la causa di noi stessi”.
Così, gli Yo La Tengo, nella consueta veste di intellettuali stralunati e con quel linguaggio ibrido fatto di magnetismi strumentali, si focalizzano sulle contraddizioni di un presente in perpetuo cambiamento – quando per mezzo di melodie sussurrate (Tonight’s Episode) quando mediante sferraglianti saturazioni country-noise (Brain Capers) – muovendosi con nonchalance tra le incessanti fatiche emotive che, quotidianamente, mettono a dura prova i nostri equilibri esistenziali. Un cambiamento inteso non solamente come elemento di rottura e fattore destabilizzante, ma anche, semplicemente, come opportunità per guardare avanti.
Con This Stupid World, il collettivo statunitense realizza un insieme di canzoni dal taglio onirico e intimamente raffinato, spaziando tra vigorosi ritmi motorik kraut-beat di memoria Faust e Neu, in cui riecheggiano schegge di Velvet Underground (Sinatra Drive Breakdown), progressioni armoniche e incantatrici alla Nico (Aselestine), certo jingle-jangle folk bucolico e confidenziale con passo alla Nick Drake (Apology Letter), trip di psichedelia allucinogena di memoria beatlesiana, stratificazioni flemmatiche di distorsioni acide alla Stereolab (Fallout), deliri di primitivismo tribale e chiasso industriale e un crescendo claustrofobico, orgasmico e asfissiante (This Stupid World) che esce dalla sua tempesta sonora per addolcirsi e tornare a respirare, sfumando lentamente verso il celestiale epilogo di Miles Away.
E allora, proprio quando reagire a tutto questo diventa troppo difficile, è meglio fingersi ciechi e illudersi che sia possibile cadere fuori dal tempo, e credere che possa esistere una versione migliore di noi stessi e del mondo in cui viviamo. “Fino a quando non ci romperemo tutti, fino a quando non crolleremo tutti”.
C’è ancora tanta strada da fare, sembrano dirci gli Yo La Tengo, i quali, durante la loro longeva carriera, hanno camminato lungo il filo del tempo, come quegli astronauti sbarcati per primi sulla luna. Alla fine, citando Voltaire, “lasceremo questo mondo stupido e cattivo così come lo abbiamo trovato arrivandoci”.
this stupid world
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