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Yeah Yeah Yeahs: It’s Blitz!

Belli, bravi, perfetti. Anche gli Yeah Yeah Yeahs sono uno di quei gruppi “carini”, tanta apparenza e poca sostanza? Sembrerebbe di sì. Se non fosse per quell’unico brano…

Yeah Yeah Yeahs

It’s Blitz!

(Cd, Interscope Records)

rock

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yeah-yeah-yes-its-a-blitzQuando esordirono, nel 2001, i giornali scrissero di loro che erano troppo belli per essere veri. A otto anni di distanza, con l’uscita del loro terzo album, It’s Blitz!, il giudizio rimane lo stesso. Gli Yeah Yeah Yeahs, infatti, sembrano avere tutte le carte in regola. Anzi, fin troppo in regola:  una vocalist, Karen O, stilosa e di innocua trasgressività; arrangiamenti adrenalinici e ritornelli a presa rapida; un video fintamente scandaloso (quello di Y ControI) diretto da un regista indie di grido (Spike Jonze). Una presentazione impeccabile, insomma, assolutamente vincente  per far breccia nei cuori di tutti coloro che fanno finta di intendersene di musica indipendente, ma che in realtà si limitano solo all’ascolto di gruppi modaioli e mediocri. Eppure…

Eppure, gli Yeah Yeah Yeahs, nonostante abbiano un pedigree irritante nella sua perfezione lecchina, anche stavolta proprio non ce la fanno a starci antipatici, perché in It’s Blitz!(così come era già capitato nei loro dischi precedenti, Fever To Tell e Show Your Bones), c’è un pezzo semplicemente perfetto, che azzera ogni altro giudizio negativo.

Il brano in questione è Zero: base techno-rock, con un climax di intensità da brividi, ritornello accattivante e la voce di Karen O gestita con grande padronanza, dai sussurri emanati con il fiato increspato alle grida vibranti e piene. E la reazione più immediata dopo l’ascolto di questo brano è quello di sentirlo un’altra volta, e un’altra volta, e un’altra volta ancora.

Il resto dell’album declina con dedizione e con minime variazione gli stessi, lucenti, suoni rock-dance, raggiungendo risultati dignitosi ma senza eguagliare gli ottimi livelli della prima traccia. Ciò non toglie che ci siamo dei buoni elementi: le schitarrate di Dull Life, l’incedere riflessivo di Runaway, il groove funky e vagamente disco music di Dragon Queen, la melodia sognante e commossa di Little Shadow. Ma queste felici intuizioni rimangono come abbozzate, senza riuscire ad esplodere in un brano folgorante.

Anche stavolta gli Yeah Yeah Yeahs ce l’hanno fatta, grazie al solito brano-salvagente: ma per quanto tempo ancora il pezzo mozzafiato continuerà ad essere l’eccezione, e non la regola?

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Sofia Marelli
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