Walter Savelli
Come s(u)ono
Ebbene sì, anch’io ho un passato da poppettaro. Sono figlio di un pop di alto livello però, perché definire musica leggera quella del Baglioni dei lunghi silenzi, quello fino a Oltre per intenderci, è abbastanza riduttivo. La melodicità e, in un certo senso, la melanconicità, fanno parte della nostra cultura, c’è poco da fare.
Quando un musicista è bravo sa comunicare delle emozioni a prescindere dal genere che suona. Walter Savelli è stato per oltre trent’anni il pianista di Claudio. E forse, anzi sicuramente, dire pianista è brutalmente riduttivo.
Walter ha attraversato un’infinità di notti di note, ventimila giorni come ama quantificarli lui. Poi, un bel giorno, ha sentito la necessità non più prorogabile di evolversi. Suo fratello ha capito. E così Walter è andato avanti tornando indietro, ripartendo da quell’insegnamento che già dal 1970 è parte del suo patrimonio genetico.
Oggi il suo identikit è quello di un artista poliedrico e innovatore. La scusa per scrivere questo pezzo è l’uscita del suo ultimo libro Come s(u)ono, in cui racconta degli aneddoti che ce lo mostrano in una insolita versione “unplugged” e che, vi confesso, rimarrei ad ascoltare per ore e ore.
Ma, al di là del libro, vi invito a scoprire da soli le altre attività di un musicista onesto che è un vero cavallo di razza della tastiera. Il suo profilo Facebook è sicuramente un’ottima base di partenza.
Ma parliamone con lui…
RS- C’è una domanda che faccio a tutti i musicisti che mi capita di intervistare, riguarda l’ispirazione, e si radica nella mia profonda convinzione che i veri artisti siano dotati di quella che io chiamo una “sensibilità maggiore”. C’è chi, al contrario, sostiene che l’ispirazione pura non esiste e la incontri soltanto se ti siedi al piano e inizi a suonare, anche se hai di fronte un muro e non il mare. E chi, come me, ritiene che il segreto dell’arte, se mai esiste, potrebbe essere svelato proprio focalizzando ciò che colpisce quella sensibilità al punto da innescare l’input per trasformarla in un’opera dell’ingegno: la visione suggestiva di un panorama, il pianto di un bambino, il tatuaggio di una bella donna, le parole di uno sconosciuto captate per caso al bar o qualsiasi altra circostanza che generi un’emozione forte… La tua ispirazione da dove arriva?
WS – Credo che la risposta stia nel mezzo: non credo nell’ispirazione pura, ma nemmeno nella determinazione di “voler” scrivere un brano a tutti i costi. Piuttosto per me, si tratta di una forma di organizzazione di lavoro dove la voglia, l’entusiasmo, la sensibilità del momento che si sta vivendo, si combinano con l’esigenza commerciale, e di marketing anche se può non esser bello utilizzare questi termini accanto alla creatività. Insomma, metodo, disposizione del momento, tecnica e sensibilità devono andare a braccetto.
RS- Ti è mai capitato di svegliarti di notte per saltare giù dal letto e imprimere sulla carta o sul nastro un’idea che non volevi rischiare di veder svanire nel profumo di cappuccino?
WS – No, perché sono un pigro e la notte, almeno quando mi decido ad andare a letto, dormo profondamente. Mi è successo però, anche se raramente, di non addormentarmi subito e di fare un gioco: immaginare di comporre solo con la mente, la Canzone più Bella Del Mondo. E’ naturalmente solo un gioco; mi sono ritrovato però, a creare delle melodie che in quel momento mi sembravano bellissime, ed allora ho cominciato a cantarmele sempre nella mia mente, cercando di verificare se fossero state veramente belle. Poi però mi sono sempre addormentato e al mattino, svegliandomi e non ricordandole, ho sempre pensato che forse non erano così belle come mi ero immaginato.
RS – Mi racconti un aneddoto legato alla gestazione, alla nascita, o alla crescita del brano Myself?
WS – Myself è nato con una pesante eredità sulle spalle, infatti il brano che avevo composto precedentemente, dal titolo “False Relazioni Cromatiche, omaggio a Sergei Rachmaninoff” è forse il brano più bello che ho composto; ho avuto anche una grande soddisfazione professionale perché mi è stato concesso il permesso ufficiale dall’Editore Originale Boosey and Hawks, di utilizzare 8 battute dal concerto in re minore, n. 30 di Rachmaninoff; cosa che solitamente non avviene, quindi quando mi sono messo a scrivere Myself, ho avuto il terrore di non riuscire a produrre qualcosa che fosse all’altezza del brano precedente; anzi, avevo addirittura paura che diventasse una sorta di “cenerentola” proprio per la sua posizione dentro al libro. Sono uscito da questa impasse, piano piano, ed ho trovato una via compositiva che mi ha soddisfatto, e per il feedback che ne ho ricevuto, ha soddisfatto anche le persone che lo hanno acquistato o semplicemente ascoltato.
RS – Per trent’anni sei stato il braccio destro di uno dei più talentuosi cantautori italiani che, in un certo senso, è stato “l’attore” che ha portato in scena parte della tua arte. E’ un’esigenza di maggior espressività quella che ti ha portato alla fase 2.0 della tua carriera?
WS – Si, mi piace la definizione della mia carriera fase 2.0: in effetti è stato proprio così; 35 anni accanto al grandissimo Claudio Baglioni, collaborando alla sua musica, con una soddisfazione immensa. Ad un certo punto però ho sentito il bisogno di mandare avanti la mia musica e non solo: anche la parte didattica che ho sempre tenuto sullo stesso livello di importanza della mia carriera di musicista. Voglio dire che per me la didattica moderna non è mai stata in secondo piano anzi. Come terminava un tour, il mattino seguente portavo gli arrangiamenti del tour stesso, ai miei allievi più bravi (Marco Masini, Paolo Vallesi, Eric Buffat, Filippo Martelli e tanti altri) per spiegare a loro tutto il lavoro che avevamo svolto con Claudio. La mia scelta comunque fu compresa ed accettata da Claudio, con tanta amicizia, ed infatti il nostro rapporto sia professionale che umano, è andato avanti negli anni, addirittura se possibile, in crescendo. Tutt’ora mi trovo spesso a collaborare con Claudio anche se non sul palco di un tour.
RS – La tua musica si è smaterializzata per essere acquistabile online. Questa maggiore accessibilità ha tolto un po’ di magia o è solo nostalgia ripensare a quando passando sul G.R.A. ci si voltava a guardare il palazzo della RCA pensando “chissà cosa starà nascendo là dentro”?
WS – La magia di quel tempo se n’è andata sicuramente. Ma non era possibile chiudere gli occhi di fronte ad una realtà che stava cambiando tutte le regole del mondo della musica. Io sono sempre molto aperto ai cambiamenti e quando mi sono accorto di questo, non ho avuto problemi ad adeguarmi. Sono stato il primo artista indipendente italiano ad avere un contratto con la APPLE di Cupertino, per poter mettere la mia musica su iTunes, nel 2005. Dopo due settimane dalla pubblicazione del mio primo EP dal titolo Piano, Pianissimo, mi ritrovai primo in classifica nella sezione Pop, e in quel momento compresi che probabilmente avevo fatto la scelta giusta.
RS – Una sera, navigando a vista, sono finito per caso su una video lezione della rubrica Accordi Imprevedibili che pubblichi sul tuo profilo Facebook per spiegare in maniera semplice e divertente ai non musicisti alcuni “segreti tecnici” che stanno dietro ai brani che tanto ci appassionano ma che spesso non siamo in grado di cogliere. Ne sono rimasto incuriosito e così, dopo la prima, mi sono guardato pure tutte le altre. Sei soddisfatto dei feedback ricevuti dal pubblico o ti aspettavi una reazione diversa?
WS – Mi sarei aspettato un feedback maggiore ma conoscendo bene la Rete (sono on line con il mio sito, dal settembre 1996!) non mi sono meravigliato più di tanto. Si tratta di qualcosa che comunque viene percepito come un racconto per un pubblico di nicchia anche se nella mia intenzione, dovrebbe essere per tutti. Vedrò come si evolverà nelle prossime puntate, e comunque mi diverto a realizzare questi incontri e mi basta il feedback della persone che mi scrivono facendomi i complimenti per l’idea e per i contenuti.
RS – Come S(u)ono è la tua nuova fatica editoriale, se di fatica si può parlare visto che mi pare di cogliere una profonda gioia di base in tutto ciò che fai. Ci è voluto tanto a scriverla?
WS – Si, c’è voluto tanto a scriverlo, ma c’è voluto ancora di più a decidermi di scriverlo. In realtà anche in questo caso, “Così, come s(u)ono…” è nato sulle ali del successo del precedente “Backstage, ventimila giorni di note e di storie”. In realtà non avevo previsto di scrivere ancora un libro non didattico, ma le mail ed i messaggi che ricevevo da coloro che lo avevano letto, erano molto positivi. Molte persone mi hanno scritto dicendomi di aver letto il libro tutto d’un fiato e di essere rimasti con la voglia di ascoltare ancora le mie storie, quindi dopo un po’ di tempo, mi sono deciso ed ho cominciato a buttar giù delle idee. Ho cominciato a prenderci gusto, mi sono accorto che mi stavo divertendo ed Il resto è venuto da solo.
RS – Disegnami in non più di trenta parole un trailer da quarta di copertina che non “suoni” come la frasetta sensazionale estratta dalla recensione del Corriere della Sera…
WS – Bè, potrebbe essere: Storie di musica, storie di palcoscenico, storie di backstage: un mondo di storie nella vita di colui che vive su un palco da oltre ventimila giorni.
RS – So che proprio in questi giorni sei impegnatissimo a girare l’Italia per presentare il libro. Che è acquistabile solo su Amazon e sugli altri portali, giusto?
WS – Si, il libro in versione cartacea si trova molto semplicemente su Amazon.it mentre la versione ebook Kindle, si trova oltre che su Amazon, anche su iTunes, e su tutti i siti che fanno questo tipo di vendita.
RS – Ne approfitto per chiederti cosa ne pensi del sistema editoriale italiano, la cui principale differenza da quelli esteri è la mancanza di una competente, coscienziosa e soprattutto sana intermediazione delle agenzie. Qui, invece, l’unica cosa importante è la commerciabilità del soggetto e, se le simulazioni di vendita non superano il test limit, il nuovo Dante Alighieri potrà al più declamare le sue odi in qualche stazione della metropolitana o su qualche blog. Viceversa chiunque, sotto il cesello –o l’ascia?- sapiente degli editor (i vecchi correttori di bozze, per i nostalgici, appunto), potrà avere i faretti puntati sul suo nome nella vetrina de La Feltrinelli. E allora, in un circuito invaso dai libri di star e starlette variegate che assicurano a prescindere un buon imponibile, viene da pensare che forse i veri nuovi talenti della scrittura siano nascosti nei mille biasimati rivoli dell’editoria cosiddetta a pagamento e nella distribuzione online. E’ un’idea completamente peregrina?
WS – No, è assolutamente giusta e purtroppo non credo sia possibile cambiare una situazione del genere, almeno non a breve termine. In realtà tutto questo è legato alla società che stiamo vivendo. La società dell”Apparire” e non dell’Essere”. Questo succede non solo nella editoria ma come ben sappiano, anche nella musica, nella Tv, nel cinema ecc. Possiamo solo augurarci che tutto ciò possa gradualmente stemperarsi nel tempo, e che i valori più importanti possano nuovamente avere ancor un po’ di quello spazio che si meriterebbero.
RS – Vorrei raccontare, io a te, un paio di aneddoti… Moltissimi anni fa con un mio compagno di scuola siamo entrati nel palazzo in cui abitava Claudio a Montesacro e, al piano sopra al suo, c’era una porta con le chiavi attaccate. Abbiamo aperto, siamo entrati, ci siamo resi conto che non era casa sua, abbiamo rubato lo stesso un fiammifero da una scatoletta che c’era appena dentro e siamo corsi giù con la tachicardia. Durante il tour di Oltre, invece, ho assistito a 4 concerti consecutivi al Palaeur, e tu eri sul palco. L’ultima sera io e il mio grande amico Andrea ci siamo ritrovati sul taxi di un abusivo che, quando ha capito che non avevamo abbastanza soldi per pagarlo, ci ha abbandonati in piena notte dalle parti di piazza Re di Roma. Solo la bontà di un tassista “vero” ha salvato due diciassettenni in panne spegnendo il tassametro per portarci fino a Cinecittà con le ultime ventimila lire, concesse come anticipo straordinario di tutte le paghette mensili. Qual è nella tua percezione il rapporto che si crea tra i fan e l’artista?
WS – Il rapporto fra l’artista ed il fan è molto complicato da analizzare e definire. Non sono un psicologo quindi non voglio addentrarmi in una materia che mi affascina ma della quale non sono esperto. Naturalmente tutto cambia a seconda del comportamento dell’artista stesso. Nel caso di Claudio ad esempio, ho visto persone che hanno atteso la nostra uscita da un ristorante dopo un concerto, addirittura fino all’alba. Ebbene, Claudio, anche se distrutto dalla stanchezza, non ha mai negato un autografo né un selfie, a persone che hanno dimostrato un affetto verso l’artista che va oltre il concetto di divismo puro.
RS – Rimanendo sul tema, sono sempre stato affascinato da una condizione che tu hai probabilmente vissuto, se non direttamente, comunque molto da vicino. Mi riferisco alla vita in tour, quando un artista è maggiormente circondato dall’affetto –a volte isterico- dei suoi ammiratori che lo assediano in ogni spostamento, fuori dagli hotel, dai ristoranti, dagli stadi. Paradossalmente, però, sono proprio questi i frangenti in cui l’artista è “costretto” in una camera d’albergo per dieci ore al giorno, solo con sé stesso e lontano dalle sue persone, dai suoi luoghi, dalle sue cose. Sono due eccessi contemporanei, che di primo acchito parrebbero incompatibili ma che invece generano un “paradosso” tra le cui linee mi piacerebbe tanto saper leggere.
WS – Si, è vero, sono due eccessi che creano un paradosso, ma tu hai fatto un esempio che mi riporta ai fanatismi del periodo Beatlesiano. Oggi non è più così o almeno lo è molto meno. E’ chiaro che Baglioni o Morandi o Renato Zero, tanto per citarne alcuni, non possono passeggiare per le strade della loro città, così come una normale persona che se ne va in giro a fare shopping il sabato pomeriggio; ma tant’è, la popolarità ti da tanto, ma ti prende anche molto. E questo è il prezzo del successo: prendere o lasciare.
RS – Quali sono i tuoi programmi per i prossimi mesi?
WS – Prossimi programmi: sto scrivendo nuovi brani e spero di riuscire a produrre qualcosa entro il 2016. Nel frattempo sono in giro per l’Italia per la presentazione di “Così, come s(u)ono” ed ho intenzione di mandare avanti ancora i miei racconti de “Gli Accordi Imprevedibili” e, ultimo ma non ultimo, una nuova idea di concerto che ho già iniziato a sperimentare e che si intitola il “Concerto privato on line”. Ma di questo ne potremo parlare alla prossima occasione. Tutto questo sempre con il solito entusiasmo e con la voglia di continuare a sperimentare, divertendomi…
E allora grazie Walter. E lasciami usare il saluto che usi sempre in privato per chiudere questa deliziosa chiacchierata…
…Buona musica.
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https://www.youtube.com/watch?v=ajdzd3tcmRQ&ebc=ANyPxKo-VtHzIO18rQahZNh6oXE66TfKqY62CqL7BogjxP0C19E_ulys12uMqQdcOIkRNKReWaik (ACCORDI IMPREVEDIBILI N. 1)
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