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Valentina Dorme: La Carne

Al loro terzo long playing i Valentina Dorme scoprono senza dubbio una venatura più rock prediligendo le distorsioni ad alcuni arrangiamenti orchestrali, comunque non del tutto assenti

Valentina dorme

La Carne

(CD, Fosbury/Audioglobe)

rock, pop, canzone d’autore

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valentinadormeAl loro terzo long playing i Valentina Dorme scoprono senza dubbio una venatura più rock prediligendo le distorsioni ad alcuni arrangiamenti orchestrali, comunque non del tutto assenti. Un disco sull’amore a tutto tondo, dal tradimento all’ossessione, dal sesso a pagamento a quello senza un prezzo definito, dalla delusione alla vendetta. Così come nel film La Carne (Marco Ferreri 1991) in cui Sergio Castellitto in un mix d’amore e d’odio si ciba della sua ossessione Francesca, così i Valentina Dorme dopo aver stressato ed analizzato il sentimento che gli colma i pensieri lo mangiano avidamente.

I testi di Mario Pigozzo Favero sono di una bellezza disarmante: non c’è retorica, non c’è doppio senso, ma c’è solo la sincerità nuda e cruda…come la carne. Questo è un disco che non lascia molto all’immaginazione in quanto nei testi sono presenti chiarissimi riferimenti a luoghi e personaggi, con tanto di nomi. La città di Treviso fa da sfondo a storie vere di amori non adulti, ma già maturi. La disillusione di non essere giovani per sempre bussa alla porta e i progetti di vita che prendono forma e poi s’afflosciano spingono quest’altalena di sentimenti che è La Carne.

Dal punto di vista prettamente musicale i Valentina Dorme si presentano in una veste decisamente ad alta definizione, con una registrazione mirata al perfezionismo, alla cura dei suoni e agli arrangiamenti a tratti crudi e a tratti orchestrali. La direzione dei lavori da parte di Giulio Ragno Favero (One Dimensional Man, Teatro Degli Orrori, Zu) è magistrale per un disco che ti tira addosso una valanga di ChitarreVioliniArmoniche & Co. che quando ti sta per travolgere e soffocare completamente ti sveglia dall’incubo lasciandoti nudo e fuori luogo con silenzi e carinerie in pieno stile brit pop.

Il disco si apre con la solenne ed oscura Un nome di fantasma, bellissima ballata massacrante per temi e sonorità. I ritmi si alzano un pochino in Benedetto davvero con un mix di chitarre che nulla ha da invidiare a Godano & Friends per una canzone che benedice(nel più laico dei sensi) tutto l’amore che c’è da quello ossessivo del narratore, che sta bene nel nutrire la sua amata, a quello che puoi trovare lungo le parallele della tangenziale di una Treviso serale. Il disco è un susseguirsi di ambientazioni ed emozioni diverse e così dalla tangenziale ci si sposta nei ricordi e nei ripensamenti de Il terzo uomo: una storia ormai finita, ma mai del tutto. Una ballata molto soft con un finale in crescendo rock che bruscamente si strappa al suo acme per lasciare spazio ad un’altra morbidissima canzone ispirata e dedicata al regista Marco Ferreri. Giulia Bentley in estate è un capolavoro di semplicità. Treviso e l’ossessione la fanno da padrone in un crescendo di chitarre, viola e violini che accompagna un cantato, lisergico e a tratti aggressivo, in maniera sublime. Girasoli , Trieste Centrale e Siracusa e le Stelle sono la massima espressione della forza comunicativa ed immaginifica della prosa di Favero accompagnata da arrangiamenti che continuano a saltellare tra rock acido e pop nella più dolce delle sua accezioni. Il disco si chiude con la presa di coscienza di non poter controllare e vincere le emozioni e le delusioni di Io non sono forte passando per i ricordi di Olimpiadi Salesiane e lo spirito decisamente più rock di La Buonanotte in Francese.

Difficile, se non impossibile, fare propri i pezzi di questo disco in quanto esageratamente personali, ma al contempo è altrettanto impossibile non vestire i panni del regista e figurarsi le immagini che La carne ci suggerisce sotto forma di testi e musiche. Un viaggio bellissimo…

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