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Underzone: recensione EP omonimo

I siciliani Underzone ci teletrasportano all'inizio degli anni '80, nell'epoca d'oro della new wave e dell'esuberanza istintiva del post-punk.

Underzone

s/t

(Rocketman Records)

post-punk, new wave, gothic, elettronica, darkwave

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underzone-recensioneConvenzionalmente, il Medioevo finisce nel 1492. Con la scoperta del continente americano inizia l’Epoca Moderna, che a sua volta tramonta con la presa della Bastiglia per fare spazio all’Epoca Contemporanea. Dunque, oggi potremmo dire che stiamo vivendo l’epilogo dell’Epoca Contemporanea. Chissà come sarà il mondo del futuro.

La mia collega Elisabetta Laurini, nonché nota speaker di Radio Elettrica, gradirebbe molto (dubito che non l’abbia già ascoltato) il debut EP omonimo del trio new wave messinese Underzone: esordio discografico preceduto dalla pubblicazione del singolo Modern Age 2.0, che uscirà proprio nel mese di luglio per l’etichetta milanese Rocketman Records.

La band siciliana, composta da Stefano Restivo, Tiziano Giunta e Francesco Zagami, coi suoi cinque brani inediti ci teletrasporta direttamente all’inizio degli anni Ottanta, nell’epoca d’oro della new wave, attraverso sonorità che sposano l’algida estetica elettronica del new pop e l’esuberanza istintiva del post-punk, addomesticando la simbologia etero-fallica delle chitarre distorte punk ed enfatizzando la componente seduttiva e androgina dei sintetizzatori e delle drum machine.

Nel progetto Underzone si rivivono le atmosfere crepuscolari dei vecchi e squallidi locali notturni di Soho e l’alienante rumore dei raffinati club della civiltà contemporanea, che si vanno ad insinuare nei territori remoti dell’underground anglofono e nella scena post-punk italica, facendo capolino tra le pagine sintetiche, decadenti, morbose e indelebili scritte da alcuni dei pionieri della “letteratura new wave” quali Bauhaus, The Sound, Sister Of Mercy, New Order, Diaframma e Neon.

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