Uccio Aloisi Gruppu
Robba De Smuju
(Il Manifesto, 2003)
folk
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“Non si smette mai di essere figlio dei propri genitori“. Questa frase di Biagio Panico, giovane artigiano salentino, contenuta all’interno dell’elegante confezione che racchiude il cd, seguita da una dedica al padre, è il punto di partenza per entrare nel mondo del grandissimo Uccio Aloisi e del suo gruppu, un mondo fatto di riti e storie contadine, di stornelli e ninne nanne, di sudore e amore per la terra, terra di Puglia, terra di Salento, estremo sud di un’Italia così lontana eppure così vicina.
Amore per le tradizioni tramandate dai padri ai figli attraverso l’arte del canto e dei cunti, i racconti, e che Uccio Aloisi, cantastorie, poeta e contadino vuol continuare a regalare alla nostra generazione così come ha fatto il padre prima di lui, che morì cantando, perché per lui il canto è tutta la sua vita.
Vita che è poi sinonimo di memoria, filo conduttore tra passato, presente e soprattutto futuro, termometro della grandezza culturale e sociale di un Paese, bene da salvaguardare e tutelare al pari di un qualsiasi monumento storico simbolo della nostra storia.
E la memoria di Uccio ci parla di giornate di lavoro nei campi, di riti religiosi e pagani, di canti d’amore e pizziche. La sua voce particolare, calda ed appassionata, invecchiata dal lavoro, colpisce al cuore e ci racconta l’anima di una terra e dell’incontro/scontro dei suoi mari, ci racconta di Ceserina, di Ntunucciu, di Santa Cesaria e “…lassatila ballare ca è tarantolata…“.
Registrato nelle campagne di Cutrufiano, in provincia di Lecce, questo lavoro ha il peso del tamburello e la leggerezza dell’organetto, ha la malinconia della ninna nanna e la gioia degli stornelli, ha uno sguardo rivolto al passato ma vive questo tempo presente, ha la forza evocativa di una foto virata a seppia, si affida a Santu Roccu e ringrazia la redazione del Manifesto che lo distribuisce. Fa ballare ed emoziona. Fa bene all’anima.
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