U2
No Line On The Horizon
(Cd, Island)
rock
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Che il parto di No Line On The Horizon sia stato preceduto da una gestazione difficile non è un mistero per nessuno.
Cambio di produttori in corsa (Rick Rubin sostanzialmente cacciato, a vantaggio del ritorno dei fidati Eno e Lanois), viaggi più o meno esotici in cerca di suggestioni (leggi: ispirazione), pubblicazione più volte rimandata e poi … finalmente … l’annuncio ufficiale dell’uscita e le date del tour (che toccherà Milano a luglio e Roma ad agosto, con tanto di streaming on line ad alta qualità e a pagamento di molti dei concerti previsti in giro per il mondo).
Sgombriamo subito il campo da equivoci: Vertigo 2, ops … volevo dire Get On Your Boots, non c’entra niente col resto dell’album, che è assai diverso dalla cafonata che impazza già da un po’ in modulazione di frequenza.
No Line On The Horizon è in realtà un disco piuttosto schizzofrenico. E’ abbastanza equamente diviso tra suggestioni americane e di puro rock’n’roll, uso dell’elettronica per spingere in avanti il discorso iniziato anni fa con Achtung Baby e Pop, e qualche spruzzatina di ritmi arabeggianti (quel che è rimasto delle session in Marocco?),
Tre le perle dell’album, Moments of Surrender, lunghissima e sofferta, e l’estatica Cedars of Lebanon, per il cui ascolto dobbiamo attendere la fine dell’album e che da sola in grado di riconciliare con gli U2 anche i più scettici. Appena sotto, Fez Being Born, che parte in sordina per poi dare uno scatto di reni tra loop elettronici e i più classici arpeggi di The Edge, tappeto ideale per le sofferte emozioni che solo Bono sa dare (quando se ne ricorda). La magia non riesce però nell’altro brano rilassato dell’album, White as Snow, comunque destinata a diventare un classico per riempire gli stadi di accendini accesi.
Sarà comunque un caso che i momenti migliori del disco siano quelli più ambient e rilassati?
Un album di transizione, dunque. Verso dove o cosa non è dato di sapere.
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