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Tre Allegri Ragazzi Morti: Primitivi nel Futuro

Tre Allegri Ragazzi Morti: il passaggio dall'adolescenza all'età adulta passa dal reggae e dal dub? Sì, secondo Primitivi nel Futuro

Tre Allegri Ragazzi Morti

Primitivi nel Futuro

(Cd, La Tempesta Dischi)

reggae

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Gli spiriti degli eterni adolescenti diventano adulti, abbandonano le frustrazioni giovanilistiche di sedicenni incazzati con il mondo e passano a raccontare il disagio operaio, la povertà e la voglia di riscatto sociale dell’uomo moderno.

Il tutto lasciando da parte le grungianti schitarrate degli inizi per sperimentare un ‘raffinato’ reggae ‘n’ dub suggerito dal nuovo produttore Paolo Baldini (quello degli Africa Unite).

I Tre Allegri Ragazzi Morti debuttano nel nuovo decennio con Primitivi nel Futuro, lavoro partorito ancora una volta dalla mente del genio incompreso Davide Toffolo, raffinato fumettista allievo del Paz che non manca mai di proporre nei testi immagini provenienti dalla sua principale (anche se non la più redditizia) attività artistica.

Ma, figure retoriche a parte, il nuovo lavoro del trio di Pordenone lascia quanto meno spiazzati al primo ascolto i fans proprio per un sound tutto nuovo e assai sperimentale.

Il passaggio del testimone avviene nella prima traccia, La Ballata delle Ossa, con un’orecchiabile strofa suonata “alla solita” ed il ritornello in levare.

Poi il monologo del suono che ricorda tanto i primi 24 Grana: Puoi Dirlo a Tutti, Mina e So Che Presto Finirà fanno muovere la testa ma invitano anche a pensare, sospinti dalla voce di Toffolo che cerca di snaturarsi nell’imitazione di Bunna o Francesco Di Bella.

L’ultima rivolta nel quartiere Villanova è un invito a ribellarsi e la presa d’atto di una classe operaia che non ha più nemmeno la forza di dire no mentre La Faccia della Luna è sicuramente la canzone più affascinante dell’album per poesia e sonorità.

La chiusura è della title track, Primitivi nel Futuro, ragionamento filosofico che arriva quando ormai il reggae grezzo dei tre friuliani ha forse già messo un po’ di tristezza a chi ha imparato a suonare la chitarra improvvisando il classico Occhi bassi.

Insomma, un esperimento che ci può stare ma che non è supportato da tecnica musicale (che onestamente non c’è mai stata) e che un po’ disorienta i seguaci della band.

Bene i testi, da rivedere il suono.

Una parentesi, una conversione o una mancanza di idee?

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Vincenzo Bisbiglia
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