Tolo Marton
Aglientu, Aglientu summer festival, 19 agosto 2009
live report
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Certe volte la vita è un po’ strana, capita ad esempio che durante un tirocinio in radio domandi ad un tuo collega un suggerimento per il pezzo da lanciare e lui ti passa una torrida versione di Hey Baby (New Rising Sun).
– Ale’ chi diavolo è questo?
– Questo è Tolo Marton!
Da amante della chitarra il nome non mi era nuovo, ma non avevo mai sentito niente di suo prima di allora. Che dire come prima impressione? Sincero, originale, pungente, nonché convincente.
Quella versione era al pari di quella incisa dal super gruppo (messo su per una sola sessione) M.A.C.C, gemma contenuta in Stone Free Tribute to Jimi Hendrix.
Quando si imbraccia una chitarra elettrica e si fa musica orientata verso questo strumento, la presunzione di avere qualche cosa da far sentire, che non sia già stata replicata un miliardo di volte, può causare grossi fastidi all’orecchio umano.
Capita spesso anche a chi è cresciuto abbracciano la sua fedele sei corde prima di andare a dormire.
Ma questo non è un problema che riguarda Tolo Marton, qui non siamo di fronte all’ennesima versione di uno Stevie Ray Vaughan in salsa italica, di un Hendrix dello stivale, o peggio, di un nostrano Eric Clapton dalla cadenza vagamente romagnola. No affatto, Tolo è un chitarrista originale che negli anni ha sviluppato un suo personale linguaggio, influenzato dai vari Beck ed Hendrix, ma sempre genuino ed autonomo.
Tolo suona la chitarra alla maniera di Tolo, e credetemi, gustarselo dal vivo è un vero spettacolo.
L’occasione è quella dell’Aglientu Summer Fest, una splendida novità all’ interno dell’agenda musicale sarda. Per questa edizione il comune e l’ associazione culturale “La Muita” hanno voluto puntare in alto, con nomi di primo piano all’ interno del panorama rock blues nazionale.
Il concerto: una riservatezza e una laconicità da vero maestro zen, entrano in contrasto con la musica tagliente che esce dagli amplificatori (rigorosamente vintage). I suoi compagni di giochi questa sera sono Alex Marinoni al basso e Andrea De Marchi alla batteria.
Corde fatte vibrare un po’ con le dita un po’ con un plettro da pollice, mille link tecnici, (come l’effetto violino creato alzando e abbassando il volume dello strumento alla maniera del compianto Roy Buchanan), armonici vari e un tocco che solo a studiarne una nota ci vorrebbero giorni.
Ma Marton non è un musicista per i soli amanti della chitarra, lui mette la sua perizia a favore della musica, raramente infila una nota in più dello stretto necessario. Grandi assoli, ma sempre con la giusta frequenza
Il suo spettacolo passa tra cover e composizioni personali, inizia lento, ma cresce vertiginosamente. Quando intona la cover Red House le sue dita iniziano ad incendiare l’aria come vere vampate di fuoco.
Il momento più accattivante arriva con l’epica Alpine Valley, composizione che gli è valsa la vittoria al Jimi Hendrix Electric Guitar Festival, non un semplice concerto organizzato da un centro sociale paesano, ma una competizione che si è svolta a Seattle nel 1998 (sì proprio quella città negli Stati Uniti!), il cui premio gli è stato consegnato dal padre del defunto Jimi in persona.
Non a caso Marton ha vissuto per un periodo a Austin e lì, nel cuore del Texas, ha suonato praticamente con chiunque (E il cerchio si chiude).
Omaggi al Clapton blues, Steppin’ Out, richiami a quello psichedelico, Sunshine of Your Love.
Ancora Hendrix con Hey Joe, proseguendo con gemme pescate dalla sua interessante discografia Two Five Two Four, Univibe e Let Me Be. Accenni alla colonna sonora della Pantera Rosa e una versione di All Along the Watchtower suonata alla maniera di un menestrello di frontiera. Troppo anche per me.
Grande spettacolo e grande artista.
Alla prossima jam Tolo!
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