Timoria
Senza Vento
(Universal)
alternative rock
_______________
Quando per la prima volta vidi i Timoria al Festival di Sanremo del 1991, dove il gruppo bresciano presentò L’uomo che Ride gareggiando nella sezione Nuove Proposte, percepii di essere di fronte a una band inconsueta nel panorama italiano, di quelle con i numeri, ma avevo cominciato a seguirli solo un anno più tardi quando al negozio di dischi che frequentavo mi passò sotto il naso la copertina rossa di Storie per Vivere, quella con il tiro al bersaglio tricolore forato da pallottole.
Le prime note di Non Siamo Solo Noi, con tanto di incipt dell’Inno alla Gioia di Beethoven, fu folgorante come le canzoni successive, un pugno allo stomaco. In quel disco c’era lo zampino di Angelo Carrara che lo aveva prodotto, di Ligabue che scrisse Male Non Farà, di Feyez degli Elii che lo aveva registrato, ma senza dubbio venne fuori la grande capacità compositiva di una band capace di esprimersi fuori dagli schemi. A leggere alcune interviste a Omar Pedrini, all’epoca quel disco dannatamente rock, con tracce di prog, blues e psichedelia non riscosse il successo che meritava, ma personalmente fu l’inizio di un mio viaggio nella musica della band bresciana.
Nel 1993 il mio dopocena era riservato completamente a Videomusic che proponeva di fila le novità discografiche in uscita, ed ero assorbito da qualche video che promuoveva le nuove leve del rock italiano quando ecco piombare come un meteorite quel suono duro, roccioso, strabordante del primo singolo, Senza Vento, lasciandomi senza parole. Enrico Silvestrin aveva annunciato il nuovo singolo dei Timoria e all’improvviso vedevi questi 5 musicisti dai capelli lunghi che suonavano questo brano in un panorama lunare, dava l’idea di una band metal che cantava in italiano. Immagina di avere quella fame di notizie su una delle tue band preferite che non sai bene cosa aspettarti dal prossimo disco, e poi ti arriva un pezzo del genere che spacca e ti fa andare su di giri. Ecco, Senza Vento bucava, trapanava le orecchie, ricordo che anche i miei amici si sentivano travolti da quel muro sonoro. Il video era già finito, non c’era Youtube dove andavi a rivederlo subito dopo e pertanto tu rimanevi incollato tutto il pomeriggio ad aspettare che lo rimandassero in onda nel programma successivo, o ti fiondavi alla radio. Se solo ci fosse stato internet, nel 1993…
L’uscita di Viaggio Senza Vento fu la svolta per i Timoria, un disco che riuscì a penetrare talmente in fondo nella musica italiana che, non ce ne accorgiamo certo oggi, è definito un disco di culto, una pietra miliare della musica rock italiana. C’è la storia di Joe alla ricerca di se stesso, di incontri, di persone da salutare, con testi taglienti e chitarre distorte, rudi, cattive, la gran voce di Francesco Renga che oggi ci viene la malinconia a ricordarla in quei dischi, Galeri che raccoglierà l’invito di Storie per Sopravvivere con quel “Diego picchia di più” sulla batteria, madonna quanto pesterà poi anche in 2020… E le cavalcate psichedeliche del Maestro Ghedi, e il fantastico duetto Pedrini-Finardi in Verso Oriente, e gli innesti jazz di Campo dei Fiori, l’essere travolti da Piove, i brividi di Sangue Impazzito…canzone che personalmente sembrava ritagliata a pennello con quel “Uomini, Domenica, incontro anche te che corri a pregare un po’ Dio”, che chi mi conosce sa bene cosa significasse per il sottoscritto.
In quel disco ci sono brani, direi anche l’intera storia, che appartengono a tutti noi, anche a chi non ha mai ascoltato i Timoria, perché il desiderio di fuggire, di cambiare, di scoprire se stessi l’abbiamo avuto tutti. Per i Timoria Viaggio Senza Vento è il disco della svolta e della consacrazione, da Brescia viene fuori prepotentemente una band che ha sempre sorpreso con le sue idee, le storie, le narrazioni sonore, le atmosfere perché dopo quel disco ne uscì ancora uno più duro, 2020, capace di spingersi in classifica in un Paese dove quel muro del suono era difficile scavalcarlo a livello nazional popolare, tant’è che 2020 fu definito un disco di heavy metal.
Uscito Eta Beta ci siamo trovati di fronte ad un ennesimo cambiamento stilistico della band, un disco multicolore e multietnico, abbracciando anche altri generi musicali facendoci comprendere il valore di quella contaminazione tanto cara ad una band mai china sugli allori, che ha celebrato la musica con l’arte e la poesia presenti durante i loro show. Francesco Renga ha deciso un giorno di cambiare letteralmente musica, gelando tutti. Il suo primo album aveva un taglio pop rock accattivante, con Max Cottafavi alla chitarra, axeman di Ligabue, e al basso quel santuomo di Briegel dei Ritmo Tribale. La carriera di Renga è stata molto popolare e ha vinto un Sanremo, con quella voce sarebbe stato un delitto non sfondare nella musica pop.
Ma anche dopo l’addio di Renga i Timoria seppero produrre lavori interessanti proseguendo con Sasha Torrisi, l’ovvio paragone con Renga non gli è pesato dato che non si è mai posto come prima voce, ma spalla di Pedrini al microfono e alla chitarra. Quella nuova famiglia sonora presentò prima 1999, disco che tutti aspettavano al varco dopo i saluti di Francesco, e poi i bresciani seppero ampiamente riscattarsi, se proprio ce ne fosse bisogno, tirando fuori quell’altro capolavoro chiamato El Topo Grand Hotel, ricco di rimandi alla musica anni 70, per poi concludere la loro corsa con il Treno Magico, colonna sonora di un film con Fabio De Luigi ambientato nella mia Torino, che chiuse la discografia in studio di una straordinaria band.
Lo scioglimento ha portato poi Diego Galeri e Illorca a mettere su tre dischi di tutto rispetto con il nome Miura, mentre Omar ha altalenato produzioni soliste abbracciando il beat (Beatnik) il pop (Pane Burro e Medicine) fino agli ultimi due lavori figli di un cambiamento artistico e di una sua rinascita musicale. Diego Galeri è rimasto sempre attivo anche nelle vesti di produttore con la sua etichetta Prismopaco, lavorando a progetti di elettronica come fondatore degli Adam Carpet, e siamo in attesa del suo prossimo lavoro con la superband formata da Xabier Iriondo degli Afterhours, Ambra Marie, Andrea Lombardini e Nicola Manzan (Bologna Violenta) che sulla carta è tanta roba.
I Timoria non esistono più, rispettiamo le loro singole carriere e speriamo un giorno ci siano i presupposti per rivederli insieme per un tour, ma è giusto oggi celebrare 25 anni di Viaggio Senza Vento per quello che ha lasciato alla musica italiana. Nella versione Deluxe troviamo le registrazioni delle demo, con alcune varianti che ci restituiscono un gruppo molto unito, e un brano inedito, Angel, scritto all’epoca ma rimasto nel cassetto, completato da un testo scritto da Pedrini l’indomani della morte di Kurt Cobain. Qua e là è facile sentire le risate che ogni tanto vengono fuori in sala di registrazione, segno dell’armonia di quel disco che ne è venuta poi fuori. Omar, Diego, Francesco… mi dite che voi 25 anni fa fermaste un po’ il mondo?
Gli ultimi articoli di Luca Paisiello
- Michael Kepler: recensione di Mask Of The White Ape - October 28th, 2024
- Soul Asylum: recensione di Slowly but Shirley - October 25th, 2024
- Luciano Panama : Raggi che oltrepassano qualsiasi andatura - October 6th, 2024
- Francesco Andrea Brunale: recensione diel libro 99% Crossover - September 11th, 2024
- David Gilmour: recensione di Luck and Strange - September 10th, 2024