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The Strokes: la recensione di The New Abnormal

Quando in molti li davano ormai per spacciati, i The Strokes pubblicano un album maturo, nel quale vestono il loro passato di scintillanti abiti contemporanei, regalandoci una boccata d’aria in questo forzato positivismo all’insegna dell’andrà tutto bene.

The Strokes

The New Abnormal

(Cult/RCA)

rock, indie, synth pop

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recensione The Strokes The New AbnormalSono passati 7 anni dall’ultimo album in studio dei The Strokes e molti, a dire il vero, li davano ormai per spacciati. Invece, l’ispirazione che di disco in disco sembrava scemare si è sorprendentemente ripresa. E anzi, ha prodotto un lavoro destinato a (ri)conquistare pubblico e critica e a entrare nella top 5 degli ascolti più interessanti di questo periodo di quarantena.

Se il percorso della band newyorchese sembrava in un certo senso essere strettamente legato a un contesto urbano in continuo cambiamento, di cui si sono fatti portavoce esaltandone la malinconica decadenza, The New Abnormal è lo specchio più delle persone che dell’ambiente, di musicisti ormai maturi che stanno cercando di scendere a patti con la loro musica ma soprattutto con i loro fans (e di conseguenza, le loro aspettative).

Attenzione, però, questi elementi di introspezione non devono fuorviare. Lo stile Strokes è sempre saldamente radicato. Solo, gli anni ’80 tanto amati da Casablancas ampliano il loro campo d’azione, con incursioni nel rock anni ’70, rivisitato per regalarci un suono sorprendentemente moderno e attuale.

The New Abnormal suona come un vecchio LP, con due lati distinti. Nel primo riecheggiano i classici riff che rendono i pezzi dei The Strokes estremamente riconoscibili. Dal ritornello che ti entra subito in testa di The Adults Are Talking alla disco/synth pop di Brooklyn Bridge To Chorus, fino a Bad Decisions, chiaro omaggio a Dancing with myself di Billy Idol. Un mood capace di farci uscire dal torpore del confino domestico dalle primissime note, un’evoluzione del sound di un decennio (gli ’80) che mai come in questo momento sta tornando di moda e sembra essere l’unica novità verosimile in quest’epoca in cui tutto è già stato sperimentato.

 

E poi c’è il lato B, che si apre con la splendida At The Door, potente e carezzevole. Sono riconoscibili nel mucchio rimandi a band più contemporanee (leggasi Arctic Monkeys… ma in fondo non era proprio Alex Turner a cantare che voleva essere uno degli Strokes?). I brani sono più lunghi, con code che portano a derive completamente diverse. Not The Same Anymore strizza l’occhio agli Smiths e sembra volerci accompagnare dolcemente alla fine della tracklist, non prima, però, di averci dato un ultimo scossone con Ode To The Mets, l’unico momento in cui la voce spinge un po’.

Uscendo dalla retorica del “è proprio vero che quando non ti aspetti niente, ecco che emergono le gemme rare”, The New Abnormal è quello di cui avevamo bisogno. Abituati al tutto e subito, non ci concediamo neanche più il lusso di vedere una band maturare e far evolvere il proprio stile. E invece questa specie di gavetta al contrario è quello che è servito ai The Strokes per trovare il giusto equilibrio tra matura eleganza ed evergreen scanzonatezza, filo conduttore di queste 9 tracce.

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Simona Fusetta
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