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The Darkness: recensione di Dreams On Toast

Nel nuovo album Dreams On Toast, i The Darkness spalmano vecchi sogni di rock'n'roll sui toast bruciacchiati della contemporaneità.

The Darkness

Dreams On Toast

(Cooking Vinyl)

hard rock, glam rock, AOR, power rock, grunge, alternative rock, opera rock, garage rock, punk-rock, pop rock

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A quattro anni di distanza dalla pubblicazione del precedente Motorheart, i The Darkness tornano a incendiare la scena del rock revival con il nuovo album intitolato Dreams On Toast, edito per Cooking Vinyl e anticipato dall’uscita dei singoli The Longest Kiss e I Hate Myself.

Con questo ottavo lavoro in studio, e un’attività pluridecennale alle spalle, i The Darkness del carismatico frontman e leader Justin Hawkins (insieme al fratello Daniel alla chitarra, Rufus Taylor alla batteria e Frankie Poullain al basso) continuano a catturare l’attenzione e a infiammare l’immaginario dei loro fan in tutto il mondo (tra cui la popstar di fama mondiale Taylor Swift), grazie al loro inconfondibile marchio di fabbrica, quel rock’n’roll melodico miscelato a un boogie rock scanzonato, sfrontato e coinvolgente, il tutto imbevuto di barocchismo, cazzeggio, ironia, tutine attillate, acuti in falsetto e istinti selvaggi.

Un percorso contraddistinto da una sbornia di successo che negli anni non ha risparmiato dissapori interni e dolori personali, specie al loro frontman, che nel brano d’apertura si definisce un “rock and roll party cowboy”, scherzando sugli stereotipi legati alla natura del vero rocker. Eppure, nonostante gli alti e bassi della vita, la band di Lowstoft prosegue per la sua strada autorale, con la stessa passione e senza compromessi, portando avanti quell’idea di musica finalizzata esclusivamente alla spensieratezza e al divertimento. “We’re only doing this ‘cause it’s fun“, canta Justin in Walking Through Fire, che a grandi linee ricalca quella che è stata la filosofia “nothing but a good time” dei Poison negli anni 80.

Camminando dunque sul filo elettrico della nostalgia, e cavalcando l’onda esuberante dell’intrattenimento easy-listening, i The Darkness spalmano i loro sogni su un toast caldo, bruciacchiato e farcito dei più svariati ingredienti, come può esserlo il genere rock: una ricetta gustosa, croccante e saziante, buona per ogni occasione.

Certo, Dreams On Toast non toglie e non aggiunge nulla alla loro discografia, i riferimenti stilistici erano e restano gli stessi di sempre, con influenze che rimandano al rock degli anni 70 e 80: Aerosmith, Van Halen, burrose pennellate glam alla Slade e Status Quo, l’allegria di atmosfere kitsch in cui i Queen danzano sui tasti di un pianoforte suonato da Paul McCartney (The Longest Kiss).

E poi ancora, si susseguono frizzanti suggestioni arena-rock di scuola Boston e Journey, i soliti riff stop & go alla AC/DC (Mortal Dread) e schitarrate hard blues dal tocco Motörhead (The Battle Of Gadget Land), a cui si aggiungono inediti ritmi country e delicate svisate hawaiane (Hot On My Tail, Cold Hearted Woman), quasi a rappresentare il desiderio di uscire dalla propria comfort zone per sperimentare cose nuove. Lo stile prettamente darknessiano torna invece ad accendersi in Walking Through Fire, sebbene somigli oltremodo a Givin’ Up, canzone contenuta nel loro disco d’esordio Permission to Land.

L’andamento incalzante della release assume un’altra forma nell’ultima traccia Weekend In Rome, nella quale Justin, come un giovane Antonello Venditti che passeggia per le strade di Roma Capoccia, ci accompagna tra i vicoli e i monumenti più importanti di Roma, condividendo il suo amore per la grande bellezza della città eterna, mentre un finale cinematico-orchestrale esplode in tutta la sua epicità, conferendo all’album un accento armonioso e favolistico.

Insomma, sappiamo bene che non è affatto semplice ripetersi e mantenere l’asticella sempre alta, soprattutto se l’obiettivo è pattinare sulla superficie impervia del rock revival. Nonostante ciò, i The Darkness riescono ancora una volta a rendersi credibili e a pungolare le debolezze emotive di un determinato target di pubblico, consolidandosi come una delle realtà più importanti del rock anglosassone, nonché veri e propri animali da palcoscenico. La priorità è quella di divertirsi e continuare divertire, e i The Darkness sanno come farlo. “It’s only rock’n’roll but I like it”, sosteneva qualcuno tanto tempo fa.

Se pensate che il rock’n’roll non meriti veramente di morire, e se pensate di non avere ancora bisogno di infiltrazioni di acido ialuronico alle ginocchia e non avete mai letto Tolstoj, allora il nuovo album dei The Darkness è quello che fa per voi. “I can’t help falling in love with rock’n’roll”.

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