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The Blast: Cut

La voce dell'Arte si fa sentire con i The Blast, è questo il taglio espressivo di Cut, un'opera d'arte totale che lascia piacevolmente sbigottiti

The Blast

Cut

(Cd, MadNoises)

alternative rock, alternative, indie, progressive rock, rock psichedelia, post grunge

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Senza dubbio stupefacente questo Cut dei tre cosentini The Blast; fin dalle prime note risulta quanto voglia essere alternativa e sperimentale la loro musica, oltre che originale, pur attingendo qua e là da diversi stili e generi: dall’alternative, al  rock anni ’70, al grunge, alla psichedelia, al rock classico, fino al progressive.

Davvero un impasto folgorante questo album intriso di sperimentazione, che ci colpisce dritto in faccia con la sua potente energia fin dalla prima traccia; l’album è creato pezzo dopo pezzo con un continuo cambio di tempi, di ritmiche, di stili, di cantato (con vocalità che, il più delle volte, si contorcono senza nessun problema e con grande agilità e capacità, e stanno in equilibrio perfettamente in ritmi in levare).

Nel primo pezzo, Cut, la leggera monumentalità ed il fare su serio dei The Blast si nota subito: questa traccia fonde benissimo quello che erano gli At Drive In, soprattutto nelle modalità vocali in levare, abbastanza difficili da eseguire, con cantato di kobaniana memoria (R.I.P Kurt!) e con un sound di fondo molto grunge ed alternative, contaminato anche dall’elettronica e dalla psichedelia.

Nella seconda traccia, Amaro, così come nelle successive, questa commistione continua, ma viene di volta in volta intaccata da sonorità via via differenti; un’altra caratteristica molto prominente è un grande senso di teatralità, data dall’intrecciarsi delle due bellissime e molto incisive voci di Antonio e Natalia, che si rincorrono, si avvolgono e si sostengono a vicenda, in un continuo gioco di drammatiche vocalità e vocalizzi di alto livello.

I pezzi sono alternativamente in italiano ed in inglese, drammaticamente intensi e taglienti, poesia allo stato puro! Non ce n’è uno che deluda, al contrario, si rimarrà piacevolmente a bocca aperta, anche perché tutti i pezzi sono molto impegnativi a livello di esecuzione, ma i ragazzi li affrontano senza alcun problema.

La terza traccia, In This Room, unisce un rock-blues Anni ’70, di hendrixiana memoria nei riff di chitarra al più moderno noise e al solito sostrato alternative rock, che è il collante di tutti i pezzi; si prosegue poi ininterrottamente con una  quarta traccia, Second Mrs Panofsky, molto Anni ’60-70 nelle atmosfere: vi vengono infatti evocati i Beatles di Helter Skelter, commisti a molta psichedelia e ad una buona dose di punk-hardcore, cui si uniscono anche dei coretti tipicamente Sixties.

Il quinto pezzo rimanda molto ai Queens Of The Stone Age, soprattutto nel riffing veloce, grezzo e un po’ stoner, oltre che nel cantato, gridato ma mai sguaiato; a tutto ciò si aggiunge un po’ di new wave e di sound elettronico, dato dal synth.

Pur nell’energia, in Cut i The Blast riescono anche a raggiungere momenti di pathos lirico notevole, di tono un po’ dimesso, nostalgico e leggermente malinconico e straziante; in particolare nella sesta traccia, Energie Di Fine Estate, pezzo abbastanza drammatico, il continuo sovrapporsi di armonizzazioni vocali, che fanno uscire dal banale un commento strumentale ancora una volta alternative, testimoniano come i ragazzi siano musicisti veri e molto capaci.

Infine, l’ultima traccia, Silence, chiude il cerchio con un’atmosfera molto ambient ed elettronica nella lunga intro del pezzo, che ci catapulta come in un’istallazione artistica di nuova avanguardia, con sonorità psichedeliche e leggermente progressive Anni ’70, oltre che tipicamente ‘Anni 60, dove il cantato si sostituisce ad un lento, quasi sussurrato parlato in francese, accompagnato da una sorta di mantra in sottofondo (molto sensuale la voce di Natalia; come non farsi venire in mente Je t’aime…Moi non plus, duetto di Serge Gainsbourg con Jane Birkin, celebre motivo di fine Anni ’60??).

Un’opera d’arte totale che lascia piacevolmente sbigottiti.

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Irene Ramponi
Irene Ramponi

Irene Ramponi nasce a Milano nel 1983. Si interessa a tutto ciò che è arte fin dalla tenera età.
Questa passione rimane nel tempo, e, dopo la maturità scientifica, la porta ad iscriversi al neonato corso di laurea in Scienze dei Beni Culturali, indirizzo in Storia dell'Arte presso l'Università degli Studi di Milano. Consegue la laurea triennale nel 2006 con una tesi relativa ai Maestri Campionesi; Irene, infatti, è una delle poche ad avere una netta preferenza per la scultura rispetto alla pittura.
Continua i suoi studi sulla stessa linea, arrivando a laurearsi in Storia dell'Arte, corso specialistico presso l'Università Cattolica di Milano, nel 2009, con una tesi dal titolo: “Ricerche su Giovanni da Campione a Bergamo”.
Come si può notare dalle due tesi, Irene si interessa di argomenti poco battuti dalla Storia dell'Arte e poco conosciuti, se non nell'ambito degli studiosi più specializzati.
Ha collaborato con l'Associazione Amici dell'Arte di Castellanza (Va), tenendo conferenze sugli argomenti delle sue tesi e sui suoi studi presso la Villa Pomini, sempre a Castellanza.
Sta tuttora lavorando ad altre conferenze, in collaborazione con comuni del Varesotto e del Milanese, volte alla valorizzazione ed alla promozione dell'arte e del territorio locale.
E' amante del viaggio per la scoperta e la ricognizione di luoghi nuovi, e ama la musica, di cui si occupa con la collaborazione presso un'agenzia di organizzazione di eventi e concerti, ma anche praticandola in prima persona con lo studio del canto moderno e tramite alcuni progetti artistici.
Ama scrivere a tempo perso, soprattutto recensioni di critica a mostre e concerti, idealista disincantata, crede ancora nella forza dei sogni per la propria realizzazione personale.

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