Vi ricordate il caso di Bon Iver? Un tipo tristanzuolo e barbuto emerge da un periodo d’esilio con una manciata di brani intimi ed urgenti, mette insieme una band, si autoproduce e grazie al passaparola viene poi messo sotto contratto da un’etichetta ben avviata e rispettata.
Hospice di The Antlers ha avuto vita analoga. The Antlers erano inizialmente il progetto di Peter Silberman, che ha scritto Hospice riemergendo da un lungo periodo d’isolamento sociale, al cui processo di registrazione casalingo hanno partecipato il batterista Michael Lerner ed il polistrumentista Darby Cicci che poi sono diventati membri permanenti del progetto.
Hospice fu realizzato dalla band in Marzo e poi licenziato da Frenchkiss grazie all’insistente passaparola online. La miscela di silenzio e solennità di The Antlers è lontana dal folk subdolo di Bon Iver, ma Silberman e Justin Vernon sono riemersi dai propri traumi ugualmente ripuliti ed impazienti di riconnettersi. “Hospice” è privo di ironia e cinismo ed è centrato sulla relazione con un bambino malato terminale.
L’album risulta così molto emozionante, sia a livello lirico che musicale, e le tematiche della malattia e della morte non posso non far ricordare Funeral degli Arcade Fire anche se volendo cerca un precedente calzante per Hospice bisognerebbe forse accostarlo a Domestic dei Cursive, solo con una brillantezza pop più accentuata.
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