Têtes de Bois + altri: Live Report
L’Aquila, Piazzale di Collemaggio, 31 marzo 2010
live report
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“Viva L’Aquila”. Con queste parole, poco dopo le 22, Andrea Satta dei Têtes de Bois ha dato il via libera al flusso emotivo della memoria, introducendo sul palco mobile allestito sul camioncino Avanti Pop Fiat 615 del 1956, un infreddolito ma sempre lucido Mario Monicelli, al quale la platea aquilana ha regalato una vera e propria standing ovation.
Il grande padre del cinema italiano ha voluto testimoniare la propria vicinanza a quella parte di cittadinanza attiva che, scegliendo come simbolo e strumento di lavoro proprio la carriola, ha deciso di sporcarsi direttamente le mani, rimuovendo da sé le macerie e decidendo di riappropriarsi di una città ferita a morte e dimenticata da Dio e, soprattutto, dagli uomini (politici).
La serata, organizzata dalla Fillea Cgil nell’ambito del XVII Congresso nazionale, ha visto alternarsi sul palco alcuni dei migliori interpreti dalla musica italiana d’autore (oltre ad Alberto Patrucco, per sua stessa ammissione, comico superfluo in un Paese “…dove il figlio pluriripetente di un politico viene invece promosso dagli elettori…”), artisti ed amici che con la loro musica hanno contribuito a renderla unica e speciale.
Grazie allora a Paola Turci, energica e possente nel rileggere il Ferrè di Tu Non Dici Mai Niente, accompagnata al piano da Angelo Pelini dei Têtes de Bois, dolcissima invece nel rievocare i Bambini di qualche Sanremo fa. Grazie alla lancinante Nada, splendidamente senza voce eppure capace di farci male dentro soltanto con un pugno di brani (Guardami Negli Occhi e Luna In Piena). Grazie a Daniele Silvestri, coppola in testa, baffetto curato e giusta voglia di sdrammatizzare, dedicando Che Bella Faccia a Silviuccio nostro, complice Maurizio Filardo al mandolino. Grazie anche a Carlo Muratori, apprezzato autore di musica popolare, toccante nella riproposta di un canto tradizionale siciliano dell’800, dal quale Domenico Modugno trasse a suo tempo Malarazza.
E grazie, di cuore, senza riserve, ai sempre grandi Têtes de Bois, che tutto questo l’hanno voluto, messo in piedi e cantato (Avanti Pop, Padrone Mio, Sa Mundana Cummedia), che hanno voluto passeggiare per i vicoli bui di una città sventrata e inaccessibile, vedendo con i loro occhi l’altra faccia di un mai troppo approfondito progetto C.A.S.E., che hanno deciso di parcheggiare il proprio camioncino rosso fiammante davanti alla Basilica di Collemaggio, proprio ai piedi di quelle Casematte cuore pulsante del comitato 3e32, il laboratorio fecondo nel quale si formano idee, si smuovono carriole, si dà forma e sostanza alla mobilitazione.
Tra pochi giorni sarà passato un anno da quella maledetta notte. Il primo al quale tanti, troppi (?) altri ne seguiranno prima che L’Aquila torni ad essere quella che era. Nel frattempo, non lasciamola sola, riprendiamocela dal basso ‘sta città. Perché L’Aquila è viva. Evviva L’Aquila.
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