Son
Wasted Time
(Cd, Forum Music Village/Metatron/Universal, 2009)
rock
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E sì, questo Son l’ha imparata proprio bene la lezione dai suoi genitori musicali d’Oltreoceano. Pur essendo italianissimo (è nato ventidue anni fa in Campania), Son, artisticamente parlando, sembra avere reciso nettamente le radici con il Paese natio per convertirsi alla musica Made in USA. Fortunatamente, Son ha compiuto questa conversione in modo intelligente: niente scimmiottamenti, niente arrangiamenti furbetti. E, sebbene il risultato finale sia ancora un po’ acerbo, tutto, in Wasted Time suggerisce che il ragazzo è sulla buona strada.
Gli undici brani del disco hanno tutti un buon nerbo, sostenuto dalla bella voce di Son: molto controllata e domata, che sa farsi profonda o lieve, pulita o sporca a seconda delle circostanze. Le chitarre, ringhiose ma mai invadenti, giocano un ruolo fondamentale nella costruzione dei brani, anche se il punto di maggiore debolezza di Wasted Time risiede nella scarsa originalità degli arrangiamenti. Ma questo difetto viene compensato da un grande pregio: la forza evocativa delle canzoni.
Son rappresenta le due facce dell’America. Attraverso i brani pop, rock e funky (Are We Gonna Shake Today, You Just Don’t Understand), eseguiti con falsetti e ritornelli tormentone, Son richiama alla mente i festini californiani, pieni di belle ragazze e di gente alla moda. Ma quando il repertorio si tinge di colori scuri, arrivando a sfiorare il blues, il country e il songwritng (Frances, Cowboy e Song Of Solitude, il brano meglio riuscito, con degli archi dolcissimi che accompagnano una chitarra acustica schietta e rapida e la voce dolente), ecco che appare il lato oscuro dell’America, quella fatta di pub fumosi e sporchi, di sbronze tristi e di falliti malinconici. E Son appare convincente in entrambe le vesti.
Wasted Time, nonostante qualche perdonabile ingenuità (certe soluzioni compositive a volte troppo facili, arrangiamenti in alcuni punti un po’ deboli), rivisita e reinterpreta in modo originale il mito americano: un esordio con il botto, in cui Son dispiega tutte le sue potenzialità. Con la tacita promessa di farle germogliare nel prossimo album.
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