Nel pieno del tour invernale Solo Una Terapia: Dai CCCP All’Estinzione e dopo aver appena dato alle stampe il live antologico con il quale si è voluto celebrare lo straordinario successo della sessione estiva dello stesso spettacolo, Massimo Zamboni ha accettato di rispondere alle nostre domande.
Bollando come fantahorror qualsiasi ipotesi di una possibile reunion con i consorziati di allora, ecco quello che l’artista reggiano, con un po’ di reticenza, ci ha raccontato.
RockShock. Dai CCCP all’estinzione (di un colloquio amoroso) sono passati ben trent’anni di attività. Volendo fare un bilancio musicale e non, puoi indicarci un brano significativo per ogni periodo storico (CCCP/CSI/solista) che hai attraversato?
Massimo Zamboni. Telegraficamente: Emilia Paranoica – A Tratti – Sorella Sconfitta.
RS. L’idea del concerto antologico nasce da una collaborazione tra Teatri di Vita di Bologna ed il MEI. Quanto ci hai pensato prima di accettare? E cosa ti ha spinto alla fine a metterti in gioco?
MZ. Ci ho pensato solo pochi secondi. Questo è il modo che ho imparato per decidere le cose importanti. Avevo bisogno di chiudere un cerchio spezzato e questo concerto me ne ha dato l’occasione.
RS. Dal concerto al tour, poi al disco in edizione limitata disponibile solo ai concerti, infine la vendita nei normali canali di distribuzione. Come hai vissuto dal di dentro questa evoluzione del progetto?
MZ. E’ stato un pensiero veloce, seguito da una pratica altrettanto rapida. Un po’ come abbandonarsi a ciò che arriva, senza resistenze. Anzi, con una certa soddisfazione.
RS. Come sei arrivato alla scelta dei brani – periodo CCCP/CSI – da inserire nel concerto e successivamente da portare in tour? Avevi una scaletta ampia dalla quale pescare di volta in volta oppure ogni tappa prevede(va) le stesse canzoni?
MZ. Trenta anni di canzoni sono davvero tanti. E’ stato quindi inevitabile fare delle scelte. I concerti prevedono tutti la stessa scaletta. E’ stata una scelta molto importante, credo, che ci ha consentito di proporre, prova dopo prova, uno spettacolo compiuto e soddisfacente, senza perdere d’immediatezza.
RS. Qual è stato, invece, il criterio per la selezione della track list da incidere nel cd?
MZ. Ho cercato di bilanciare l’eccessiva voglia di CCCP con alcuni brani CSI e una scelta dai miei album da solista. Su una cosa, però, non ha mai avuto dubbi: volevo cominciare con Emilia Paranoica e finire con M’Importa ‘Na Sega.
RS. Quanto è paranoica oggi la tua Emilia? E cosa provi nel suonarla ancora?
MZ. L’Emilia è cambiata parecchio e il senso di accerchiamento da parte del nemico è oggi più forte che mai. Schizzata, paranoica, soffocata; forse è ancora un buon posto per vivere. Suonare quella canzone è suonare l’Emilia; per me è come un grande poema epico distorto.
RS. Potendo tracciare una sorta di geografia emozionale, com’è stata la risposta del pubblico nei diversi luoghi toccati dal tour? Hai notato delle differenze territoriali ed emotive di approccio allo spettacolo?
MZ. C’è molta unitarietà nella risposta. Credo ci fosse un gran bisogno di questa Terapia. Sono canzoni che hanno oltrepassato le generazioni, i luoghi e la storia del nostro Paese. Ora sono di tutti e questo davvero non potevamo pensarlo quando le abbiamo composte.
RS. Da Nada ad Angela Baraldi: due donne, due grandi interpreti. Affinità, divergenze…
MZ. Due grandi donne che sento vicinissime. Più che amiche, compagne di strada. Hanno la stessa forza, la stessa carica dirompente, la stessa generosità con il pubblico e sul lavoro. E quella loro vocalità bassa e urlata è straordinaria.
RS. Nonostante la bravura della Baraldi nel cercare di rimanere quanto più se stessa, è (stato) inevitabile provare una sorta di smarrimento nell’ascoltare alcuni brani con una voce che non sia quella di Giovanni Lindo Ferretti. Sinceramente, lo avete provato anche voi questo turbamento? Se sì, come l’avete affrontato? Cosa vi siete detti?
MZ. Mi dispiace ma è uno smarrimento che non voglio provare. Ma non sono sciocco da non capire cosa intendi. Quando appare, cerco/cerchiamo di affrontarlo di petto, frontalmente. Ci rassicuriamo a vicenda, ed è giusto così.
RS. Secondo me è stata una scommessa vinta, seppur in parte. Credo, infatti, che l’accoppiata con la Baraldi prenda davvero il volo, e lei si percepisca più libera di lasciarsi andare, nei brani meno legati ad un passato identificabile ed ingombrante. Cosa ne pensi?
MZ. E’ così, sia per Angela che per me, come per tutti quelli legati ad un passato ingombrante. Tanto che arriveranno nuove canzoni, sono già in marcia. Detto ciò, onestamente, i brani CCCP sembrano comunque scritti apposta per Angela, tanta è stata la sua disinvoltura nel farli propri.
RS. Una parte importante della tua produzione solista comprende anche diverse colonne sonore. Quanto ti piace scrivere per il cinema? E come scegli i progetti nei quali impegnarti?
MZ. Mi piace molto, è una proiezione fuori da me delle mie musiche. Per una volta non sono io il soggetto e questo espande le possibilità di sperimentare. Difficilmente scelgo, più spesso sono scelto, nel senso che i progetti che arrivano, in un certo senso, sono tarati su di me e mi trovano quasi sempre adatto.
RS. A proposito di colonne sonore, un rapporto di lunga data è quello col regista Daniele Vicari. Come vi siete conosciuti? Com’è nata la vostra proficua collaborazione?
MZ. E’ nata dal film “Velocità Massima” ed è poi proseguita, bene, per altri film e documentari. Senza sposalizi, sarebbe davvero difficile permetterselo in questo momento… ma con molta stima reciproca e con un occhio attento alle cose che ognuno di noi fa.
RS. Cosa ascolti in questo periodo? Ci puoi consigliare un artista o un album che ti ha positivamente impressionato nel 2011?
MZ. Ascolto poco, riascolto molto. Ma Pan del Diavolo mi ha colpito molto.
RS. A parte il tour invernale che ti vedrà impegnato nei prossimi mesi, attualmente stai lavorando a qualcosa di inedito?
MZ. Sì, sempre; ho canzoni per un paio di CD ed un libro molto impegnativo che mi tiene incatenato. Arriveranno, pian piano…
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