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Slipknot: Live Report

Show coinvolgente e grintoso in occasione dell'unica data italiana del tour degli Slipknot. La band è grandiosa: trasuda energia e dedizione e trasmette una grande carica al pubblico. In azione anche Machine Head e Children of Bodom

Slipknot + Machine Head + Children of Bodom

Milano, Palasharp, 18 novembre 2008

live report

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Fredda giornata grigia milanese, ma intorno e dentro il Palasharp l’atmosfera è bollente, un pò per la trepidante attesa, un pò perchè il concerto è tutto esaurito e la gente è tantissima.

Quando gli Slipknot salgono sul palco, prendendo posto rapidamente sulle note distorte di .execute., la folla è già completamente in sintonia, merito anche dei Children of Bodom (che purtroppo ho quasi completamente perso) e dei grintosissimi Machine Head, il cui show è stato intenso e seguitissimo.

L’apertura del concerto è serrata ed esplosiva. Gli Slipknot sparano in sequenza Surfacing, The Blister Exists, con il suo ritmo irresistibile, e il delirante Get This. Non può esserci partenza migliore, ed il pubblico è stregato.
Pubblico, va detto, veramente grandioso, pieno di calore e pronto a cogliere ogni segnale dal palco. Grande ed ininterrotta partecipazione e atmosfera veramente serena.

Il successivo fuoco d’artiglieria comprende Before I Forget, vero e proprio inno cantato a gran voce dall’intero Palasharp, Liberate e Disasterpiece, che se su disco è sconcertante per la sua potenza, dal vivo ha l’effetto di un pugno nello stomaco.
L’affiatamento tra i nove membri del gruppo è palpabile, e la performance vocale di Taylor è a tratti incredibile. L’interazione col pubblico è calorosa e divertente, passa per lo più per il vocalist, inarrestabile con i suoi ruggiti e il suo carisma da predicatore sboccato. L’atmosfera è quella di un continuo e schietto scambio di affetto e rispetto.

Anche l’impatto visivo è ottimo: il palco e gli effetti luminosi sono suggestivi, le nuove maschere dal vivo sono veramente drammatiche e inquietanti. Inoltre seguire nove consumati animali da palcoscenico è certamente impegnativo: sul palco sembrano esserci nove rulli compressori, sempre in movimento e senza un attimo di esitazione. Il DJ Sid Wilson è spesso in ricognizione arrancando sulle sue stampelle, i due chitarristi Jim Root e Mick Thomson e il bassista Paul Gray non si dànno un attimo di requie, il Clown e Chris Fehn si arrampicano sulle loro batterie artigianali che sembrano torrette di guardia. Il frontman Corey Taylor è una trottola impazzita che schizza da un lato all’altro della scena. Craig Jones, se ne sta serafico dietro la sua postazione, e per questo è anche più inquietante dei suoi colleghi. Joey Jordison sembra microscopico nascosto dalla sua imponente batteria. Si vede poco ma il suo lavoro incessante è il filo rosso di tutta l’esibizione.

Gli unici due pezzi di All Hope Is Gone sono Dead Memories e Psychosocial: il pubblico canta per tutto il tempo seguendo entrambi i brani, è un bel momento.
The Heretic Anthem fa letteralmente impazzire la folla.
L’interpretazione di Prosthetics spettrale e violentissima è da brividi, Spit It Out galvanizzante. E’ emozionante vedere la folla di fronte al palco sedersi e poi saltare su come un solo uomo al segnale concordato. Emozionanti anche Duality e Only One, inframezzata da una strampalata e divertente improvvisazione vocale.

Finale epico con People=Shit e (Sic), durante la quale la batteria di Joey Jordison si solleva in aria come un’astronave in fase di decollo.

In conclusione, una esibizione memorabile, che conferma l’impegno e l’intensità degli Slipknot dal vivo e che mostra il loro smalto inossidabile anche dopo dieci anni di instancabile attività.

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Miranda Saccaro
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