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Simple Minds: recensione di Live In The City Of Diamonds

Doppio CD (o LP) per i Simple Minds: Live In The City Of Diamonds è la nona testimonianza della potenza dei concerti della band scozzese, che sa perfettamente come soddisfare il suo pubblico.

Simple Minds

Live In The City Of Diamonds

(BMG)

post-punk, wave, pop

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In un’era dove i concerti registrati vengono spesso dimenticati nel mare di contenuti in streaming, Live In The City Of Diamonds dei Simple Minds emerge come un tesoro prezioso nel loro catalogo.

Registrato nell’aprile 2024 presso lo Ziggo Dome di Amsterdam davanti a 17.000 spettatori, questo disco completa la trilogia “City” iniziata con Live In The City Of Light (1987, Parigi, disco che – seppure pasticciato in post-produzione – è ancora un masterpiece) e proseguita con Live In The City Of Angels (2019, Los Angeles).

Il duo centrale Jim Kerr (voce) e Charlie Burchill (chitarra solista) – vero punto di forza della band – è magnificamente supportato da una formazione potenziata che include Gordy Goudie (chitarra ritmica), Ged Grimes (basso), Cherisse Osei (batteria), Erik Ljungggren (tastiere) e Sarah Brown (voce). Questo assetto, nato in occasione di un tour acustico, da cui fu brutalmente estromesso lo storico batterista Mel Gaynor, garantisce un suono contemporaneo, giusto un filo barocco, che rispetta l’eredità sonora della band ma aprendole altre strade per gli arrangiamenti sul palco.

La scaletta funziona come un perfetto viaggio attraverso la loro discografia. Il brano d’apertura Waterfront stabilisce immediatamente il tono dell’album con la sua caratteristica linea di basso e l’immancabile richiamo di quella simpatica canaglia di Jim Kerr: Everybody please, let me see your hands – puro coinvolgimento applicato all’esibizione dal vivo.

La performance include brani meno inflazionati dei primi anni come Sons And Fascination, Sweat In Bullet e This Fear Of Gods (se non ricordo male i dischi dal vivo ufficiale dei Simple Minds sono 9!), che offrono un eccellente contrasto rispetto agli inni da stadio che dominano la parte centrale della scaletta. Particolarmente notevole è la versione di Belfast Child, estesa a 10 minuti di “epica cupa” che sfrutta la dinamica tensione-rilascio con risultati impressionanti.

Il mixaggio e la masterizzazione di questo disco dal vivo mostrano un approccio che valorizza la texture sonora della band, evitando l’eccessiva elaborazione tipica dei concerti contemporanei.

È evidente che questo Live In The City Of Diamonds è particolarmente rivolto ai fan di lungo corso della band, la stessa fanbase che continua ad affollare i concerti dei Simple Minds e che non vede l’ora di esibirsi nel sing-a-long di Don’t You (Forget About Me), in questa sede proposta in una versione di oltre 7 minuti.

Live In The City Of Diamonds non reinventa la ruota ma ottimizza brillantemente la formula vincente della band, confermando la loro competenza nel mettere in scena concerti in grado di lasciare sempre soddisfatto il pubblico ma – purtroppo – in assenza di alcun tipo di sorpresa.

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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