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She Likes Winter: recensione di Bruises

Quello dei She Likes Winter è uno sguardo riservato, patinato, malinconico e sognante che si affaccia timidamente su un presente sfuggevole ed evapora delicatamente attraverso quelle goccioline che si formano d'inverno sui vetri delle finestre.

She Likes Winter

Bruises

(R)esisto Distribuzione

elettro-rock, post rock, dream pop

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She Likes Winter Bruises recensioneL’inverno è il periodo dell’anno che favorisce maggiormente l’immaginazione: ci si siede davanti al camino, si riflette sul passato, su quello che è stato l’anno appena trascorso, ci si prepara a quello che verrà. È una stagione psicologica, oltre che temporale. (Sting)

La stagione invernale è da sempre musa ispiratrice per scrittori, poeti, filosofi e musicisti. La stagione in cui cerchiamo di curare le contusioni (in inglese bruises) e i lividi dell’anima, cullando il sogno di rinascere in primavera.

Questo è anche il leitmotiv emotivo di Bruises, full-length d’esordio del quartetto dream pop She Likes Winter, anticipato dall’uscita del singolo/video della titletrack Bruises.

A distanza di tre anni dalla pubblicazione del primo EP, la band legnanese, composta da Simona (voce), Francesco (synth), Stefano (basso) e Matteo (chitarre), torna sulle scene con otto tracce inedite, sei in inglese, una in italiano (Giselle) ed una strumentale (Paralysis), che prendono forma dalla luce calda e soffusa dei lampioni, quelli che d’inverno si accendono presto ed accompagnano il nostro passo introverso, riflessivo e quasi austero.

Quello dei She Likes Winter è uno sguardo riservato, patinato, malinconico e sognante che si affaccia timidamente su un presente sfuggevole ed evapora delicatamente attraverso quelle goccioline che si formano d’inverno sui vetri delle finestre, magari mentre sorseggiamo una tisana floreale rilassante con valeriana, tiglio e malva.

Un’immagine che fotografa appieno l’estetica sonora di quest’album e l’evoluzione identificativa dei She Likes Winter, dove la ricerca di nuove trame elettroniche e psichedeliche genera eteree e melodiche atmosfere dream pop che poggiano su stratificazioni dolcemente gotiche e si muovono sulle onde poetiche e setose di Sigur Ros, Mogwai e God Is An Astronaut, riportando alla mente, e alle orecchie, la cultura shoegaze e la musica dream pop degli anni Novanta.

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