Rolling Stones
Roma, Circo Massimo, 22 giugno 2014
live report
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Noncurante lo spietato sole del solstizio d’estate, la brulicante massa del popolo rock inizia a riempire di buon’ora il Circo Massimo, in attesa dell’incoronazione di coloro che, stasera, saranno gli indiscussi Re di Roma: i Rolling Stones. I dati parlano di 70.000 presenze, ma è ovvio che saranno molte di più (tra lo staff si parla di 89.000 persone). Un palco gigantesco, con tre enormi schermi (più altri due a metà dell’arena), circa duecentocinquanta altoparlanti e una lunga passerella, aspetta quieto l’inizio di quella che sembra essere una grande cerimonia pagana di musica e luci.
A cosa stai pensando, Mick? Dove volge il tuo sguardo? Sei già arrivato sul posto, sei in giro per la città o te ne stai quieto nella tua suite da 14.000 € al giorno? Che effetto fa conquistare una città come Roma ed entrare da imperatore dove secoli fa correvano le bighe? Forse è inutile chiedertelo. Tu e i tuoi compagni avete vissuto troppe vite perché le vostre emozioni siano immaginabili. Tutta quella fama, i concerti, le sommosse, i litigi, le morti, i soldi, le donne bellissime, i liquori, le droghe…o quelle voci più o meno infondate su riti satanici ed orge bisessuali…a cosa ha portato tutto questo, Mick? Sul tetto del mondo ci siete ancora voi, voi che avete aperto le danze del rock e che ora le state chiudendo; tu e il tuo fratello di sangue, Keith, siete ancora qui: voi, il Principe di Machiavelli e il Pirata di Salgari. E poi c’è Ronnie, quello simpatico e scherzoso col sorriso da “Hey, facciamo una bevuta e giochiamo a freccette!”, o Charlie, il batterista che dopo cinquant’anni di esperienza ha ancora stampata quella faccia scazzata e totalmente inespressiva, come se l’immenso successo del suo gruppo gli scivolasse completamente addosso…cosa farete stasera Rolling Stones? Qui c’è Roma ai vostri piedi. Venite a prendervela.
Al Circo Massimo c’è un pubblico fortemente eterogeneo: signori sui sessant’anni e passa con le mogli o con gli amici; famiglie intere con ragazzini anche piccoli; musicisti e non dai venti ai quarant’anni; ragazzine adolescenti sdraiate sulla ghiaia e avvinghiate ai loro fidanzatini, molti dei quali tengono in alto ombrelli aperti per difendere sé stessi e le proprie fanciulle dal sole assassino (il quale è addirittura vittima di un coro: “sole, sole, vaffan…”). Migliaia e migliaia di magliette raffigurano linguacce o foto degli Stones; la faccia di Mick da giovane, truccato e con i capelli lunghi, è ovunque. Nessuno dà fastidio, la folla è numerosa ed educata; l’unica cosa politicamente poco corretta è l’odore acre di marijuana che si solleva ogni tanto da qualche innocente spinello che qualche gruppetto di ragazzini consuma in tranquillità senza dare fastidio a nessuno.
Alle 20:00 sale finalmente sul palco John Mayer per il set d’apertura: per il chitarrista americano è la prima data in Italia e di certo non gli è andata male: aprire per la band più famosa al mondo davanti a una folla del genere è la miglior pubblicità che si possa desiderare, e il giovane artista ne approfitta egregiamente: canta benissimo e suona ancora meglio un’ottima setlist contenente soprattutto brani dal fortunato Continuum, come Vultures, Slow Dancing In A Burning Room o I Don’t Trust Myself, e altri bei pezzi come Queen Of California, Dear Marie o Wildfire; accompagnato da una efficientissima band tutta nuova, Mayer propone un repertorio molto country, pur senza rinunciare alle sue straordinarie pennellate chitarristiche, ispirate da Stevie Ray Vaughan e da Hendrix, ma proposte con un sound decisamente originale. È consapevole dell’occasione che gli è stata (giustamente) concessa, e ringrazia umilmente sia il pubblico di Roma (il quale dimostra di gradire molto la sua musica), sia i Rolling Stones. Dopo una bellissima Gravity lascia che i roadies inizino a smontare la sua attrezzatura e a montare quella dei pionieri del rock.
Due linguacce appaiono sugli schermi, mentre dagli altoparlanti, come era successo nel corso del pomeriggio, suonano degli swing e tanti, tantissimi bei blues d’annata, ricchi di assoli di chitarra e di armonica. Logico: come il popolo rock sta dimostrando di non aver dimenticato i suoi padri, anche i Baronetti di Sua Maestà sentono di dover onorare i propri. Intanto il sole è tramontato; la folla mastodontica del Circo Massimo emette poco più di un brusio. Sono quasi le 22:00, la band è in ritardo. Che succede? La tensione è quasi alle stelle.
“Forse li stavano a scongelà e s’è ‘nceppata ‘a fiamma ossidrica!” ironizza un simpatico signore romano dietro di me. Scherza. Ha cinquant’anni circa e sembra emozionato come un ragazzino alla prima scopata. L’atmosfera è un po’ simile in tutte le facce.
Che aspetti Mick? E tu, Keef? Ronnie e Charlie, siete caldi? Cosa aspettate? Si, forse anche voi vi state emozionando. Cinquant’anni sono un’enormità…eppure certe emozioni non possono estinguersi così! Forse ad un esame retrospettivo tutto questo tempo può darvi la fama degli dei, ma non vi toglie dalla vostra condizione umana. Salite sul palco e prendetevi ciò che vi spetta. La fama. La gloria. Roma.
Eccoci. È il momento. Partono sul palco giochi di luce e immagini psichedeliche di occhi, dalle casse un ritmo tribale che ricorda l’intro di Symphaty For The Devil, tanto che alcuni spettatori intonano il coretto del brano: “Uh, Uuuh!”…un diabolico e ipnotico mantra per introdurre il sabba delle streghe. E poi l’annuncio: “Ladies & Gentlemen…The ROLLING STONES!!!”
È un attimo; un’esplosione di luci, fuochi, colori…ed eccolo! Lo vedo per un istante prima che molte braccia e mani arrivino a coprirlo: Keith “Keef” Richards è il primo a salire. Si, è lui! È proprio lui, l’uomo che alla domanda “Cos’è per te il Rock n’ Roll?” rispose “Sono io!”. Inconfondibile: i foulard, la bandana legata alla fronte, l’accenno di matita nera sugli occhi e quell’inossidabile sorriso da stronzo. Il pirata del rock sale sul palco all’arrembaggio con il coltello fra i denti e, ad un volume disumano, spara dalla sua Telecaster, bassa fino a sotto il pube, un riff inconfondibile, acido, sgraziato e di una potenza quasi regale: Jumping Jack Flash. È il delirio: la folla impazzisce completamente: c’è chi salta, chi urla, chi canta, chi piange, chi resta fermo con aria incredula: dopo un’intera giornata di sacrifici dinnanzi all’enorme altare pagano del Circo Massimo, gli dei del rock sono finalmente apparsi in tutta la loro gloria…ed ecco Dioniso, il loro capo, osceno re e giullare ubriaco e donnaiolo: Mick Jagger, con una vistosa giacca argentata, mostra i suoi 73 anni solo quando si avvicina al pubblico o quando le telecamere ad alta definizione lo rimbalzano sui megaschermi; è un Peter Pan fermo a 20 anni: balla, salta, fa giravolte, aizza il pubblico, si concede sulla passerella muovendosi con la sua stessa vecchia elegante arroganza e canta, quasi coperto dalle voci della folla, i suoi vecchi ritornelli: “But it’s all right, now, in fact it’s a gas…But it’s all right…A Jumping Jack Flash, it’s a Gas! Gas! Gas!”. Mick saluta in italiano: “Ciao Roma! Ciao Italia! Che bello tornare a Roma!” e giù subito con Let’s Spend The Night Togheter, It’s Only Rock And Roll (But I Like It) e Tumbling Dice, quasi attaccate…una mitragliatrice, un martellamento devastante.
La band concede un momento di tregua con la romantica Streets Of Love durante la quale sale sul palco Mick Taylor, storico sostituto del compianto Brian Jones, dopodiché riprende il bombardamento con il nuovo singolo Doom & Gloom. Arriva Respectable, brano deciso dal popolo del web, e alla band si unisce John Mayer: il brano viene trasformato in un incredibile spettacolo pirotecnico a tre chitarre.
Dopo Out Of Control parte un altro grande classico, Honky Tonk Woman, sorretto da uno spettacolare assolo di piano boogie e durante il quale Mick Jagger si scatena particolarmente, mentre sullo schermo scorrono le immagini di un divertente cartone animato in cui la protagonista, una gigantesca ragazza in topless, sale in cima ad un grattacielo e viene attaccata da aerei pilotati da gorilla.
A questo punto Mick, che nel frattempo aveva fatto dei pronostici in favore della nostra nazionale (memore della fortuna da lui portata nel 1982 e nel 2006), presenta la band: Ronnie Wood, che a sua detta “Dovrebbe mangiare più pasta”; Charlie “Roberto” (?) Watts e Mr. Keith Richards, il quale resta alcuni istanti solo davanti al microfono.
Che c’è Keef? Ci guardi tutti in silenzio. Fumi la tua immancabile sigaretta e sembra quasi che tu stia cercando di sfidare con lo sguardo ciascuno dei 70.000 o più del Circo Massimo. Dici qualcosa, poi con un gesto particolarmente teatrale getti a terra la sigaretta, e il pubblico applaude e ride. Lo guardi, divertito, con la tua solita faccia di bronzo. Ti applaudono per come hai gettato una sigaretta…e tu ci godi con queste cose! Oh, si! No, tu non sei come Mick. Lui è il “giovane” Mefistofele che rigira gli uomini con le belle parole e conquista le donne con lo sguardo. Tu sei il pirata che arriva, saccheggia, violenta e riparte. Non vi state avvicinando molto stasera tu e Mick: pochi sguardi, un paio di abbracci, nessun duetto al microfono. Ma il vostro legame è palese. Ogni volta che vi passate a fianco si legge tutta la vostra intesa, quell’amore e quell’odio reciproco che fa in modo che nessuno di voi due possa fare a meno dell’altro. E nelle tue rughe, molto più evidenti di quelle del tuo partner, si legge tutto quello che hai vissuto: tutti i vostri concerti, le feste, le jam e le avventure con personaggi come Jimi Hendrix, John Lennon, i Led Zeppelin, solo per citarne alcuni…e sei ancora qua! Davanti a migliaia e migliaia di persone pronte ad applaudirti solo per come getti una sigaretta. È il tuo momento, Keef. Lo è da 50 anni. Continua a godertelo.
Forse a causa degli eccessi, il tempo è stato un po’ più impietoso sul vecchio Keith che sugli altri, ma i suoi omaggi al blues, You Got The Silver (durante la quale Ronnie Wood suona una splendida Slide Guitar) e Can’t Be Seen fanno faville. Tornano sul palco sia Mick Jagger che Mick Taylor per Midnight Rambler, poi il chitarrista viene salutato al termine di un solo esplosivo e si prosegue con Miss You, in cui il frontman imbraccia una Stratocaster nera e Darryl Jones offre un solo di basso veramente notevole.
Gimmie Shelter è uno dei momenti più alti del concerto, Mick duetta con la cantante afroamericana Lisa Fischer (corista della band), la quale tira fuori una voce spaventosamente potente, acuta e ben calda come vuole la vera tradizione del blues nero. Poi, per la gioia dei Rockers più spinti, arriva una fortissima versione di Start Me Up con tanto di splendido assolo di un esplosivo e perfetto Ronnie Wood.
Alcuni secondi di silenzio e parte il ritmo tribale di Sympathy For The Devil, momento clou del concerto, e il palco si trasforma in un minaccioso inferno: luci rosse, fuochi ai lati, e Mick, cortese e affabile Lucifero, torna in scena con addosso un enorme mantello di piume rosse e nere, mentre si presenta con la celebre frase “Lasciate che mi presenti, sono un uomo di classe e di gusto!” e procede con la presentazione, attraverso i misfatti umani, di un Satana che, in fondo, altro non è che la speculare immagine dell’umanità stessa. Nel frattempo, sugli schermi, la sua figura è in sovraimpressione con delle immagini animate raffiguranti una foresta in fiamme. Da brividi!
Devi aver fatto davvero un patto col diavolo per avere a 73 anni tutta la tua energia, caro Mick…o forse sei tu stesso il diavolo? Beh, forse no. Ma una cosa è certa: lo hai sempre impersonato bene.
La band saluta il pubblico con un altro grande classico, Brown Sugar, con gli immancabili assoli di sax, poi le luci del palco si riaccendono sulle note di un coro di Roma, ospite del gruppo, che intona il ritornello di You Can’t Always Get What You Want – molto intenso – seguito dalla canzone stessa…e poi il gran finale che non poteva essere che Satisfaction, un brano il cui riff ha stufato quasi più di quello di Smoke On The Water, ma che porta un’energia ancora insuperabile e che ha spinto l’intero pubblico del Circo Massimo a ballare freneticamente per l’ultima volta. Sul finale spettacolari fuochi d’artificio illuminano ulteriormente il cielo romano.
Inchino finale di tutti i componenti, inclusi coristi, sassofonisti, pianista e ospiti. Poi nuovo inchino solo delle quattro Pietre.
E così un’altra grande serata si è conclusa, Rolling Stones. Una come tante, forse. Ma, come direbbero i vostri vecchi amici Led Zeppelin, The Song Remains The Same. La grande festa è conclusa, il pubblico è sazio. Ronnie sorride soddisfatto; persino Charlie piega le labbra. Keith si accuccia e accarezza la sua chitarra, quasi come a ringraziarla di essere stata con lui per l’ennesima volta a fare un gran lavoro. Mick manda un bacio e si avvia verso l’uscita. Quante altre volte ripeterete questo rituale? Forse non sapete dirlo neanche voi. Ma ancora una volta avete dimostrato che il Rock non ha età, che il grande baccanale dei vostri tempi vive, che l’energia è ancora alta. Tante canzoni, tante città, tante emozioni… Sarete anche parecchio su con l’età, ma siete la prova vivente che la musica mantiene sempre giovani…e fate bene a continuare finché potete. In fondo, come avete ribadito stasera “È solo Rock N’ Roll…ma a noi piace”.
La messa è finita. Andiamo in pace. It’s only rock’n’roll, but I like it!
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