Come ogni fine anno, è tempo di bilanci. Anche al termine di questo impegnativo 2021 la redazione di Rockshock, pescando non solo nel panorama musicale internazionale, ma anche e soprattutto nel sottobosco underground tricolore, ha voluto stilare una classifica dei migliori album recensiti per voi in questi dodici mesi. Queste le scelte di ogni redattore.
Massimo Garofalo:
1. Baby Strange: Land Of Nothing
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Questo Land Of Nothing è l’ennesima conferma dello stato di grazia di band come i Baby Strange destinate a far rinascere il guitar indie rock. Bravissimi! Imperdibile!
2. Arab Strap: As Days Get Dark
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Aidan Moffat e Malcom Middleton sanno come far piombare l’ascoltatore in un universo sonoro fatto di dolore e disperazione, tra storie narrate più che cantate, suggestivi giri di chitarra, arrangiamenti di archi e orpelli elettronici.
3. The Pineapple Thief: Nothing But The Truth
https://www.rockshock.it/the-pineapple-thief-recensione-di-nothing-but-the-truth/
Nothing But The Truth, nella sua lunga sessione di tracce visionarie, dilatandosi e contraendosi in un saliscendi emozionale, va alla ricerca di uno spiraglio di luce tra le nostalgiche pieghe del passato e le rovinose correnti della modernità.
* Menzione speciale per un’autoproduzione: Blocco 24 – S/t
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Siamo di fronte ad un piccolo prodigio musicale di italica fattura, un esordio imperdibile, un disco capace di accendere tutti i sensi per mezzo di parole e note sapientemente miscelate, la provincia ci regala una perla preziosa, custodiamola con cura.
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Luca Paisiello:
1. Drakkar : Chaos Lord
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Con la release di Chaos Lord i lombardi Drakkar ci catapultano ancora una volta nel loro epic metal tra Manowar e Helloween, un’immersione di battaglie, gesta eroiche e signori della guerra da sconfiggere.
2. rOMA: 1982
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Le canzoni di 1982 trasmettono la voglia di uscire dalla negatività del momento, abbracciando quel sound alt rock vicino alla propria anima, che scorre via fluido e senza sbavature, dove la chitarra distorta riesce anche a creare melodie sinuose dai suoni noise accattivanti.
3. Andrea Lorenzoni: Felsinea Ribelle
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Felsina Ribelle è composto da otto brani cinematici che fluttuano abbastanza fedeli al proprio suono, una sequenza di suggestioni in cui Lorenzoni suona e canta da solo all’insegna di una personale ibridazione tra cantautorato, rock e pop.
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Simona Fusetta:
1. Maniac Street Preachers: The Ultra Vivid Lament
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Perché nonostante la fiamma che li alimentava negli anni ’90 si sia un po’ affievolita, i MSP hanno ancora la voglia di mettersi in gioco e di non rimanere attaccati ai vecchi cliché.
2. Piers Faccini: Shapes of the Fall
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Piers Faccini guarda al futuro (non così scontato, in quest’epoca) per capire come sfruttare al meglio il tempo che ci resta. E lo fa anche dal punto di vista musicale, creando un ponte interculturale che lega l’Europa, il Nord Africa e il Vicino Oriente.
3. Fusaro: Di Quel Che C’è Non Manca Niente
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Un giovane artista dalla sorprendente maturità cantautorale, che con il suo stile si pone a metà strada tra la scrittura dei mostri sacri della tradizione e i nuovi linguaggi di difficile comprensione per noi “matusa”.
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Elisabetta Laurini:
Varsovie: L’Ombre Et La Nuit
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Il quarto disco dei francesi Varsovie, interamente cantato in lingua madre e dedicato alla memoria di Francis Giauque, è al contempo gelido e rovente, uno di quelli che induce alla riflessione cambiando per sempre l’approccio personale alla vita stessa.
Lycia: Casa Luna
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Casa Luna è un magico giro di giostra nel mondo introspettivo e profondo dei Lycia avviluppato in un suono unico e irripetibile, una sorta di homecoming per i vecchi fans ed una perfetta fase di iniziazione per i neofiti. Classe, stile e mestiere per un disco davvero imperdibile.
Voyna: The Cinvat Bridge
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Opera prima del progetto Voyna di Peer Lebrecth, già voce e membro attivo dei Golden Apes. Un denso magma di stampo gotico tinto dalla dark wave più ispirata dove si colgono tanti umori differenti, dalle svisate storte e minacciose al jazz frenetico, dal timido ottimismo alla calda desolazione.
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Andrea Musumeci:
1. Alan + : Anamorfosi
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Quello di Anamorfosi degli Alan+ è un impervio viaggio introspettivo che si fa soundtrack dell’alienazione urbana, nel tentativo di porre l’accento sull’anatomia etologica e le proiezioni anamorfiche della società contemporanea.
2. Pier Cortese: Come Siamo Arrivati Fin Qui
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Mescolando amabilmente melodie e parole con naturalezza cantautorale, ricercatezza linguistica e in modo sempre misurato e focalizzato, Pier Cortese racconta istantanee e frammenti della sua intimità, con un sentimento inquieto, turbolento, vulnerabile, e un pizzico di amara ironia di fondo.
3. Milena Medu: M
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Il nuovo EP della cantautrice romana Milena Medu, intitolato M, riesce a combinare arte visuale, musica elettronica e tematiche legate alla caducità dei rapporti interpersonali nella società contemporanea.
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Francesco Brunale:
1. Andrea Chimenti: Il Deserto La Notte Il Mare
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Il Deserto La Notte Il Mare è un album di una classe infinita, dove la qualità regna sovrana dalla prima all’ultima nota ed in cui l’ombra ingombrante di David Bowie si sente e si percepisce nei suoni e nella voce dell’ex leader dei Moda.
2. Ritchie Kotzen/Adrian Smith: Smith / Kotzen
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Possiamo tranquillamente affermare che il binomio creatosi tra il chitarrista degli Iron Maiden Adrian Smith e il funambolico Ritchie Kotzen è di quelli riusciti.
3. Novaffair: Aut Aut
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I Novaffair sono una band napoletana e Aut Aut è il secondo episodio della carriera del gruppo partenopeo ed ha in sé un peccato originale molto grande, ovvero dura troppo poco. Perché le cinque canzoni sono semplicemente perfette.
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Fabio Busi:
1. Onceweresixty: The Flood
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Un album che ci catapulta negli anni ’60 più lisergici e ci trasporta in un viaggio onirico estraniante dal caos odierno ma a sua volta rumoroso in uno strano senso di quiete ansiogeno. I vicentini hanno prodotto un lavoro molto coraggioso, di respiro internazionale, se vogliamo anche di nicchia; quello che importa però è che è decisamente bello, fatto bene, ispirato.
2. I Hate My Village: Gibbone
L’EP vede un’evoluzione nel suono della band sempre più contaminata da atmosfere afrobeat, dal groove e dall’elettronica. Un’EP che fa pensare ad una piacevole evoluzione dei 4 musicisti ostili allo stare fermi e sedersi sugli allori, quattro artisti abili nelle mutazioni e nell’esplorare nuovi territori.
3. Runaway Horses: Blacksmith
https://www.rockshock.it/runaway-horses-recensione-blacksmith/
Un album a detta dell’autore Andrea Morana, ispirato dal trip hop di Massive Attack e dei Portishead uniti al sound dei Depeche Mode, ma a mio parere molto contaminato anche dal sound tipicamente industrial di Trent Reznor. Un lavoro molto affine agli album Ninja Tune di inizio anni ’90 ma che risulta allo stesso tempo molto attuale.
* Menzione speciale per Paolo F. Bragaglia & Ganzfeld Frequency Test: The Man From The Lab
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Per gli amanti delle soundtrack di fantascienza anni ’70 e dei Kraftwerk è impossibile lasciarsi sfuggire The Man From The Lab di Paolo F. Bragaglia & Ganzfeld Frequency Test.
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Chiara Profili:
1. Ed Sheeran: =
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Equals è il risultato di dieci anni di passione per la musica di Ed Sheeran, di esperienze di vita, di amore, ma anche di sofferenze. E non poteva che essere così
2. Salmo: Flop
https://www.rockshock.it/salmo-recensione-flop/
Salmo festeggia la sua carriera decennale mandando alle stampe il suo sesto lavoro discografico intitolato Flop: non fa prigionieri, non fa sconti a niente e nessuno, persino a sé stesso.
3. Iron Maiden: Senjutsu
https://www.rockshock.it/iron-maiden-recensione-senjutsu/
I paladini del metal Iron Maiden mandano alle stampe il loro diciassettesimo lavoro in studio intitolato Senjutsu: un doppio volume di proporzioni epiche.
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