Rhapsody of Fire
The Frozen Tears of Angels
(CD, Nuclear Blast Records)
epic metal, power metal, prog-metal, folk metal, progressive black metal, prog
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Sentir dire da chi non ha mai ascoltato i Rhapsody che The Frozen Tears of Angels è spettacolare, potrebbe essere una bella soddisfazione ed una bella rivincita insieme per Luca Turilli, Fabio Lione e compagni, che non sempre hanno trovato l’approvazione del pubblico metallaro.
E invece i vecchi Rhapsody ci riprovano ancora una volta, cambiano nome ma anche un po’ pelle: nascono così i Rhapsody of Fire, quasi a mettere l’accento sulla potenza e sulla forza rinnovatrice e purificatrice che il fuoco ha, questa volta per una band che si credeva non sarebbe mai più rinata dalle sue ceneri, come un’impavida fenice.
Il gruppo mantiene quelli che erano stati i suoi cavalli di battaglia, ma innova stile, tecnica e melodia con un riuscito e dosato connubio di musica classica barocca, di epic e power metal, di folk e di punte leggerissime di black metal, spingendosi però decisamente più sul prog, che unifica e raccoglie tutti i generi.
Ogni brano ha una particolarità e si distingue dagli altri, nonostante però un filo conduttore leghi tutta la storia, quasi a formare una sorta di concept; se vogliamo citare uno dei pezzi che emerge, soprattutto per l’ispirazione, che esula dal metal e si rifà molto allo stile branduardiano (da qui quindi si attinge molto per l’impianto folk), ma anche perché è l’unico ad essere cantato in italiano, si può fare il nome di Danza di Fuoco e Ghiaccio, in cui le personificazioni degli elementi naturali vengono evocate, quasi come in una preghiera cristiana di ispirazione francescana (Il Cantico delle Creature insegna…), con richiami etnici al sirtaki greco e alla musica spagnola.
L’intro, Dark Frozen World è una commistione di lirica, canto gregoriano, symphonic black metal, musica sinfonica e Finisterra dei Mago De Oz (!); e ogni altro pezzo dell’album contiene anche continui ed insistenti rimandi alle colonne sonore hollywoodiane (Il Signore degli Anelli in primis), con agili saltelli chitarristici, molto evocativi e ad effetto.
Gli afflati prog fanno riferimento al nuovo prog-metal Anni ’90, ma senza dimenticare, ma, anzi mettendo in risalto il progressive vero e proprio, il prog Anni ’70, soprattutto quello italiano delle Orme, ma anche (chapeau a riguardo!) quello degli antesignani Pink Floyd (‘sti cazzi!), come in Labyrinth of Madness, pezzo comunque molto lanciato a livello metal, come riff e pulizia di suono, così come in Lost in Cold Dreams ed in Raging Starfire (in cui però abbonda una commistione tra Blind Guardian e Stratovarius notevole).
Il power, oltre al prog, fa da collante, da elemento unificatore e dominante (si vedano, a riguardo Sea of Fate, Crystal Moonlight, Reign of Terror, quest’ultimo pezzo sapientementemente combinato con una forte e dominante impronta black metal).
I riferimenti colti non mancano, nell’uso della classica, così come nel latino o nelle declamazioni alla Roger Waters, ormai considerato un cult a tutti gli effetti.
Una buona orchestrazione, insomma! E chi l’avrebbe mai detto…
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