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Red Kite: recensione disco omonimo

I Red Kite sono un qualcosa di diverso e sotto certi punti di vista anomalo. Arrivano dalla Norvegia ed uniscono ad una buona dose di rock e prog, massicce spruzzate di jazz.

Red Kite

s/t

(Rare Noise Records)

jazz, rock

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RedKite recensioneSono ormai tanti anni che la Scandinavia è avanti in materia di musica. Soprattutto nel campo del rock e del metal non ci si annoia da quelle parti con prodotti molto interessanti su cui ci sarebbe tanto da scrivere e da raccontare. Soprattutto in Svezia, lo stato foraggia con apposite leggi chi voglia fare musica ed è per questo che ogni anno siamo invasi da dischi di ogni tipo che arrivano dal nord Europa.

Fatta questa premessa, i Red Kite sono un qualcosa di diverso e sotto certi punti di vista anomalo. Arrivano dalla Norvegia ed uniscono ad una buona dose di rock e prog, massicce spruzzate di jazz.

Cinque soli brani, tutti strumentali e con una cover di Alice Coltrane ad aprire il CD.

Sono canzoni lunghe e senza cantato e per questo di non facili assimilazione. Sono esercizi di stile, suonati con grande classe da quattro musicisti che rispondono al nome del chitarrista Even Helte Hermansen (Bushman’s Revenge), del bassista Trond Frønes (Blood on Wheels, Goat The Head, Grand General, Sunswitch), del tastierista Bernt André Moen (Shining, Blood Red Throne, Green Carnation) e del batterista Torstein Lofthus (Elephant9).

In passato qualcosa di simile lo si era riscontrato in alcuni episodi di Betty, capolavoro firmato a metà anni 90 da Page Hamilton degli Helmet, ma qui si va oltre.

E’ come se i King Crimson si fossero fusi in quei jazzisti di New York che affollano il Blue Note ogni santissimo giorno.

La forma canzone è quella che manca, così come il cantato, ma in casi come questi è assolutamente difficile, se non impossibile, cambiare i connotati ad un viaggio irreale creato da questi quattro musicisti che hanno dato alla luce un esordio di spessore.

13 Enemas For Good Luck è una cavalcata imperiosa che parte piano per poi lasciare spazio alla chitarra lancinante del chitarrista Hermansen che tra feedback ed effetti lancinanti pare voglia rispondere alla splendida November Hotel dei Mad Season. Flew a Little Bullfnch Through the Window è il brano meno lungo del lotto ed ha qualcosa di mistico tra le sue note, mentre Focus On Insanity è la giusta sintesi tra jazz e bordate zeppeliniane.

Disco ostico, tosto sotto molti punti di vista, ma decisamente affascinante. Se si entra dentro, non se ne esce più.

 

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Francesco Brunale
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