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Lorenzo Feliciati: KOI

Se vi mancano i Japan ed i King Crimson, se in camera avete poster di David Sylvian e Frank Zappa, se non riuscite più a trovare un disco che faccia felici le vostre orecchie dai tempi di Donald Fagen, KOI di Lorenzo Feliciati è l'album che stavate aspettando

Lorenzo Feliciati

KOI

(RareNoiseRecords)

ambient, progressive, jazz

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Lorenzo Feliciati- KOILorenzo Feliciati esce ancora una volta per l’etichetta anglo-italiana RareNoiseRecords, che distribuisce il suo nuovissimo album: KOI.

KOI narra la storia in musica della vita della carpa asiatica, simbolo di eleganza,perseveranza e resistenza, che in saghe popolari cinesi riesce a risalire le cascate del Fiume Giallo e viene premiata dagli Dei, che la trasformano in Drago Dorato, l’immagine del potere e della forza. I Giapponesi inoltre, attribuiscono alle carpe non solo le qualità di tenacia, forza e bellezza, ma anche di portare benessere e prosperità (la parola koi vuole anche dire “amore e affetto”).

KOI è un disco strumentale che si srotola senza soluzione di continuità attraverso le dodici tracce che lo compongono. Parliamo di brani di rara eleganza e gusto musicale fuori dal comune. Le atmosfere, spesso estremamente rarefatte, spaziano dall’ambient più minimale fino a sfiorare il free-jazz ed un certo tipo di progressive, vecchia scuola, in stile King Crimson, fatto con buon gusto, senza scadere mai nel tecnicismo fine a se stesso.

Coadiuvato dal supporto di mostri sacri come Steve Jansen (Japan) alle pelli ed all’elettronica, musicisti di primo piano come Alessandro Gwis (Aires Tango) al pianoforte ed una sezione di fiati notevole che comprende Angelo Olivieri, Nicola Alesini, Duilio Ingrosso, Pierluigi Bastioni e Stan Adams, Lorenzo Feliciati si fa spazio con le sue linee di basso morbide ed ammalianti, che disegnano attraverso l’utilizzo dello strumento fretless gli episodi più evocativi.

Lorenzo Feliciati riesce nell’intento di dar vita ad un disco che si distingue per concretezza, perizia acustica e finezza. Non c’è una sola battuta che lasci spazio alla monotonia o che dia il fianco ad un benché minimo calo di attenzione. La tensione è costantemente riaccordata, ora dall’ingresso di strumenti che arricchiscono i sinuosi arrangiamenti, ora dalle variazioni armoniche che ci guidano attraverso le stanze di un castello fatto d’acqua.

Affascinante ed avvolgente, questo disco si presta a molteplici scenari d’ascolto. Se è vero che regala il suo meglio quando si è seduti in poltrona, magari in penombra, magari con un buon paio di cuffie collegate ad un buon impianto hi-fi, senza alcuna altra distrazione, è altrettanto vero che la delicatezza delle costruzioni sonore riescono ad aderire benissimo anche a circostanze che richiedono un sottofondo per nulla banale né monotono. Non faccio fatica ad immaginare autostrade di notte o città che scorrono sugli specchietti retrovisori, come un tintinnio di calici, come un fruscìo di lenzuola.

KOI è una lunga suite che si srotola con una delicatezza degna di nota e riflette, come un lungo nastro argentato, ricordi lontani di Japan e Weather Report. Tutte sfumature che sono più che semplici influenze, sono essenze cucinate a puntino e con maestria dalle stesse personalità che le hanno generate.

Il basso di Feliciati fa da lievito per un progetto che sarebbe interessantissimo vedere dal vivo, in un club con una buona acustica. KOI è la prova che quando il buon gusto e la sostanza musicale hanno un peso specifico adeguato, non c’è alcun bisogno di rincorrere la piaggeria per incantare il pubblico. Mentre le tracce scorrono piacevolmente nelle orecchie, è quasi istintiva la voglia di far ascoltare anche a qualcun altro questa nuova elegante scoperta.

 

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Antonio Serra
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