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Zen Circus: Vivi Si Muore 1999-2019

Vivi Si Muore 1999-2019 è il titolo del nuovo album dei The Zen Circus, contenente 17 brani rimasterizzati e due inediti.

The Zen Circus 

Vivi Si Muore 1999-2019

(Woodworm/La Tempesta)

indie rock

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recensione-The-Zen-Circus_Vivi-si-muore-1999-2019Vivi Si Muore 1999-2019 è il titolo del nuovo album dei The Zen Circus, contenente 17 brani rimasterizzati e due inediti, La Festa e L’Amore è Una Dittatura, quest’ultimo recentemente presentato al festival di Sanremo. 

La band pisana festeggia così i suoi vent’anni di carriera, con una raccolta di canzoni che non è un vero e proprio greatest hits, bensì un viaggio a ritroso nel tempo, che ripercorre due decenni di musica, di mode, di rapporti umani e di cambiamenti.

I The Zen Circus, sin dalle origini, alla fine degli anni ’90, hanno proposto un rock di provincia da combattimento.
Andrea Appino, leader e fondatore degli Zen, si è ispirato a mostri sacri come Beatles e Pink Floyd, alla musica folk, al cantautorato italiano, al post punk dei Sonic Youth, dei Pixies e dei Violent Femmes.

In vent’anni di musica, i The Zen Circus hanno cantato il lamento, il disagio e le illusioni dei giovani, di chi ha assaporato una condizione e poi l’ha persa.
Vent’Anni, come il titolo di uno dei brani più popolari degli Zen Circus, quel periodo della vita in cui tutti noi abbiamo creduto in un ideale, in cui siamo stati tutti un pò stronzi. Col tempo gli ideali li abbiamo persi per strada e abbiamo preferito rincorrere le mode.

L’Amore è Una Dittatura è uno dei due inediti del disco, presentato pochi giorni fa sul palco dell’Ariston, senza un vero e proprio ritornello, per nulla conforme allo stile di un festival come quello sanremese.
Il testo ci parla del tempo che passa inesorabile (con tanto di ticchettio di orologio), di come tutto sembri così precario, ma con un finale che lascia uno spiraglio di speranza, di luce. Forse, là fuori, c’è ancora qualcuno che ci aspetta. Il cuore è la democrazia, l’amore è la dittatura. Ci si può fidare soltanto dell’anarchia delle emozioni. 

Il disco prosegue la sua retrospettiva attraverso la malinconica ballad orchestrale Il Fuoco in Una Stanza, il rock più scanzonato di Catene e la meravigliosa rock ballad L’Anima non Conta.
La sofferenza di guardarsi indietro, la difficoltà dei legami tra amore e odio, l’importanza di perdonare, di perdonarsi e ricominciare.
Viva è un inno per andare in guerra, con sonorità new wave rock in stile Diaframma, con un testo diretto e dissacrante.

Altro brano storico dei Zen Circus è Andate Tutti Affanculo, un folk melodico con arpeggi di chitarra acustica ed armonica: possiamo fuggire ovunque, tranne da noi stessi. Anche essere stronzi è un dono, così come l’arte. Come diceva De Andrè, “dal letame nascono i fior”, e chi meglio dei pisani può saperlo.

Fino a Spaccarti Due o Tre Denti  sembra un pezzo scritto da Syd Barrett e Blur, che racconta la necessità ogni tanto di vomitare ciò che pensiamo, senza la scusa della forma, della diplomazia, degli schemi, dei compromessi.
Il disco si chiude con Punk LullabyMexican Requiem, due brani degli esordi, quando Andrea Appino cantava ancora in inglese, ed era piuttosto evidente l’influenza post-punk e grunge.

In conclusione, Vivi Si Muore è un nostalgico tuffo nel passato, un rock genuino di provincia che non fa sconti a nessuno, che si guarda indietro tra rimpianto e tenerezza, che resiste in questo presente così sfuggente, e che come Sisifo continua a spingere il peso del suo esistere oggi.

 

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