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Zagreb: Palude

Il secondo album degli Zagreb porta avanti il loro progetto musicale: rock viscerale, testi sulla staticità della nostra esistenza, suoni da grande produzione.

Zagreb

Palude

(Alka Records)

alternative rock

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recenione Zagreb- Palude

I Zagreb si ripresentano a due anni dal loro esordio discografico con un nuovo lavoro, Palude, mettendo in bella mostra una decina di brani rock in italiano che confermano la loro linea d’azione, ben gradita nella precedente messa in opera. Già in Fantasmi Ubriachi era evidente il loro sound molto determinato e soprattutto ben prodotto da Manuele Fusaroli, pertanto attendevo questo secondo capitolo con la curiosità di chi sa di aver di fronte una band convinta dei propri mezzi, e che potenzialmente potrebbe offrire qualche disco degno di nota.

Direi che è così, perché la Palude a cui si riferiscono i veneti Zagreb è la realtà stagnante della nostra vita, racchiusa in un loop di situazioni che si ripetono quotidianamente e noi, ormai spettri più che persone, la percorriamo Nel Buio senza divergere verso un cambiamento. Tuttavia in questo album percosso da 10 tracce non siamo di fronte ad un rock oscuro e ossessivo, dove le chitarre tendono a inasprire la decadenza umana con il loro suono, ma ad una esortazione a districarsi dai soliti cliché attraverso una forza evocativa musicale senza scadere nel romanticume e negli arpeggi docili.

Certo Vero Amore richiama i Ministri, Berlino ha un sapore piuttosto mainstream, Presidente dà l’idea di un filler forzato nel tentativo di mettere sul piatto qualcosa di alternativo, ma riascoltando tutto il lavoro la sensazione è che Palude sia un disco di impatto, immediato, impetuoso. I suoni di Alessandro Meneghello sono molto curati, la sua sei-corde sprigiona atmosfere elettrizzanti e la verità è che questo disco sia stato non soltanto ben prodotto questa volta da Federico Viola e Michele Guberti, ma che abbia trovato ispirazione nelle tematiche qui presentate.

Il sound degli Zagreb mi colpisce a vivo nell’incedere ritmico di Cerebrale, o certi arrangiamenti come Vile non possono lasciarmi indifferente. Dopo il primo disco, il quartetto ha suonato in diversi Festival e ha aperto per artisti del calibro di Appino, Il Teatro degli Orrori, Moltheni, Edda, i Lacuna Coil. Mi metto nei loro panni e credo che abbiano davvero qualità e idee per andare avanti, c’è molto impegno in quello che hanno fatto finora, qualche canzone non è proprio il massimo ma questo è il lavoro che devono continuare a fare sapendo che è necessario ancora fare qualche sforzo.

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Luca Paisiello
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