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Yes: Fly from here

Tornano gli Yes e cercano di continuare a volare nella leggenda con Fly from here, un nuovo disco di inediti che riprende la classica idea progressive della band

Yes

Fly from here

(CD, Frontiers Record/Avalon)

progressive rock

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Yes- Fly from hereA ben dieci anni di distanza dall’ultimo disco (Magnification, 2001), ritornano gli Yes, uno dei gruppi di punta del rock progressivo ed una delle band più conosciute al mondo grazie ad un trittico di album memorabili (The Yes album, Fragile e Close to the edge), usciti agli inizi degli anni ’70.
Nel corso della loro quarantennale carriera si sono alternati moltissimi musicisti, tanto da far pensare che gli Yes non siano un vero e proprio gruppo (la stessa situazione si può ritrovare nei King Crimson) ma un’idea di come fare e pensare un certo tipo di musica, ovvero tutto lo stile del rock progressivo unito ad una ricerca della perfezione del suono ed alla sperimentazione di nuove situazioni musicale. Lo “zoccolo duro” degli Yes sono stati i musicisti Jon Anderson alla voce, storica ed inconfondibile, Chris Squire al basso, Steve Howe alla chitarra, Alan White alla batteria e Rick Wakeman alle tastiere.

In Fly from here troviamo invece la seguente formazione: ci sono Howe, White e Squire, ma non ci sono Wakeman e Anderson. Jon Anderson purtroppo ha dovuto abbandonare il progetto di Fly from here perché nel 2008 ha avuto problemi di salute, in particolare problemi respiratori. E’ stato rimpiazzato da Benoît David, scoperto da Squire in concerto come vocalist in una cover band degli Yes, i Close to the edge. Una bella fortuna per il nostro David, un po’ come se il cantante degli Achtung Babies prendesse il posto di Bono Vox negli U2!
Wakeman ha lasciato gli Yes dopo Magnification, rimpiazzato dal figlio Oliver per un breve periodo. Al posto di Oliver ora c’è Geoff Downes, famoso per essere stato l’autore insieme a Trevor Horn (anche lui nella formazione di Fly from here) del singolo di successo Video killed the radio star, dei Buggles, nel 1979. La coincidenza, forse voluta, è che il brano fu il primo trasmesso in assoluto dall’allora neonata MTV. Questa formazione (Squire-Howe-White-Downes-Horn) sono già stati Yes nel 1980 con Drama, disco non molto apprezzato dai fan perché si discostò dai canoni del rock progressivo per avvicinarsi al pop commerciale, ma che ebbe un discreto successo in fatto di vendite.

Fly from here, trentun’anni dopo Drama, è invece un disco che si accosta all’era classica progressiva degli Yes: suono curato, ricercato e la presenza di una lunga suite (l’omonima Fly from here) di circa 24 minuti. La suite è divisa in sei parti, considerando l’Overture, che apre il disco in maniera epica e ricca di pathos. Con Fly from Here – Part I: We Can Fly viene allo scoperto la somiglianza tra le voci di David ed Anderson. David però esibisce anche tonalità tutte sue, anche se per la maggior parte in tutto il disco calca molto la voce del collega storico. Si rivela comunque una scelta convincente, come è convincente tutta la suite. Purtroppo le seguenti tre tracce non convincono, si ha la sensazione che siano state inserite per “riempire e fare spazio” per il disco. Ma per fortuna l’ascoltatore viene rapito dalla successiva strumentale Solitaire, grande pezzo per sola chitarra acustica confezionato da Steve Howe, che a 64 anni dimostra ancora di dettare legge ed insegnare tecnica. In chiusura Into the storm, brano vibrante ed energetico.

Fly from here si rivela comunque un buon disco, forse riuscito a metà, ma con ottimi spunti e situazioni da ricordare. Chiaramente non hanno più nulla da dire e non ci sono situazioni e svolte epocali o memorabili, ma quello che sanno fare gli Yes lo hanno rifatto con questo disco in maniera impeccabile. Consigliato a tutti, fan e non.

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