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Venus in Vegas: recensione di Back In Sin

4 veterani dell’hard rock romano uniscono le forze in un nuovo progetto musicale sotto il nome di Venus in Vegas.

Venus in Vegas

Back In Sin

(Golden Robot Records)

hard rock, blues rock

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La genesi di Back In Sin, album di debutto dei romani Venus in Vegas, non è stata semplice perché nasce dalle mani di Fed Venditti, chitarrista di Artificial Heaven e Witches Of Doom, che due anni fa inizia a comporre i primi brani per un suo progetto personale senza necessariamente voler formare una nuova band, ma ha tutte le intenzioni di fare un viaggio sonoro hard rock e blues.

Federico non riesce a trovare i musicisti giusti, giornate in sala prove dove manca quel feeling capace di trasportare le emozioni nelle tracce scritte di suo pugno. Gli fanno quindi il nome di Gianna Chillà e parte una collaborazione riuscitissima dove, sebbene gran parte dei pezzi siano già scritti dal chitarrista, trova nella cantante una valida socia in affari capace di buttare giù anche delle canzoni nuove.

I dieci brani di Back In Sin sono carichi di energia, quello che colpisce è la voce graffiante di Gianna, rocker che ha suonato anche con Claudio Simonetti e Michael Angelo Batio (ora nei Manowar), ed è stata lead vocal della band femminile delle Cherries. Gianna Chillà ha anche una tribute band dedicata a Janis Joplin, pertanto potete immaginare come sia la sua ugola.

Si aggiungono altri due romani, alla batteria Alex Giuliani viene a dare il suo supporto ritmico dopo aver suonato con Belladonna e Helligators, mentre Grabiel Alvarez arriva da Acid Muffin e Stonewood. Tra i quattro nasce una bella intesa e dopo un anno di lavoro Back In Sin trova la luce.

Alla voce di Gianna non si può restare indifferenti appena attacca No Faith, brano che contesta l’istituzione clericale moderna. Another World è molto attuale con i tempi che viviamo perché i Venus in Vegas mettono in chiaro che non la vogliono proprio un’altra guerra. I temi dell’album toccano infatti dissensi contro certe forme prepotenti di potere, di disagi interiori e vicende personali, come quella di Don’t Blame Me che racconta dell’amicizia becera di chi ti colpisce alle spalle e della conseguente rottura dei rapporti che vuole pure addossartene la colpa.

I riffoni di Venditti percorrono questa  decina con melodie accattivanti e naturali, uscendo su presa diretta in cui emerge qualche difetto. Sono brani tirati come Last Train, Masters Of Lies e Nightlife, belli spinti, principalmente ad influenza Led Zeppelin, che vi accompagneranno all’ascolto. La band sfodera il carattere in pezzi blues rock (Back To The Farm), raccontano come tirarsi fuori dai danni della vita, a volte con una punta di ironia, ma c’è anche emotività nella ballad denominata Shallow Waters. Poi c’è la chicca della cover di You Are My Crazy dei Guns n’ Roses di cui prendere nota.

Un lavoro più che discreto, tenuto saldamente in piedi soprattutto dalla gran voce della singer. Per il secondo disco l’intenzione è quella di lavorare su un suono più pesante e non ho dubbi che sarà una scelta azzeccata. Tenetevela stretta, la Gianna.

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Luca Paisiello
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