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Tindersticks: The Something Rain

Esponenti di un chamber pop raffinato e melanconico, i Tindersticks ritornano a quasi vent’anni di distanza dal loro straordinario esordio. E capiamo che la loro l’inquietudine, per fortuna, non è ancora stata placata

Tindersticks

The Something Rain

(Cd, City Slang Records)

indie pop

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Tindersticks- The Something RainFacile da ascoltare, ma difficile da comprendere. Leggera negli arrangiamenti, ma greve nelle atmosfere. Pop, ma allo stesso tempo lontana anni luce da una certa idea di pop.

La musica dei Tindersticks è difficile da definire. Apparsi nel panorama musicale britannico nel 1993, con un album omonimo tutt’ora considerato un capolavoro, i Tindersticks sono i paladini di quel pop sofisticato e chic, alla Serge Gainsbourg, per intenderci, che spesso non esita a tingersi di sfumature oscure, perversamente malate. In questo modo un brano dalle melodie semplici ed efficaci, e quindi potenzialmente easy listening, si trasforma in una musica torbida e inquieta, lontane dalle facilonerie dei pop da classifica.

Questa è la linea seguita dai Tinderticks durante tutta la loro carriera, culminata con il loro ultimo lavoro, The Something Rain, nel quale il gruppo inglese fa quello che ha sempre fatto e che sa fare meglio: partire dagli schemi del pop per poi ribaltarli e creare un sound di rara intensità e profondità.

Dopo il sontuoso recitativo di Chocolate, che apre il disco, vengono offerte all’orecchio dell’ascoltatore canzoni di un finissimo elettropop, che coniugano il romanticismo e la conturbante sensualità di Gainsbourg con l’elettronica minimale e languida degli Air, dando origine a brani quali Show Me Everything scarno, ipnotico e oscuro, incattivito da una sparuta chitarra distorta e arrugginita, molto vicino, come sensibilità e come sonorità, al mondo inquieto e tormentato di Nick Cave. Alle stesse atmosfere fosche e cupe appartengono anche  A Night To Still, criptica, interamente giocata su impalpabili pulsazioni che entrano sotto pelle, sull’abbondante uso del delay nelle chitarre e su maestose aperture di archi, Medicine e Frozen, un brano tirato, malato, vorticoso.

Non mancano i momenti in cui le sonorità tetre vengono sostituite da suoni più spensierati e ironici, senza però rinunciare a una punta di inquietudine, marchio di fabbrica della band, come accade in This Fire Of Autumn, un elegante brano con suoni da film francese anni Sessanta, e in Slippin’ Shoes¸ ironicamente sensuale.

Il finale del disco, invece, viene affidato a due brani dall’inaspettata dolcezza: Come inside: tenera, straniante, romantica, mentre la strumentale Goodbye Joe, delicatissima ed eterea, è impreziosita da lievi campanellini che formano melodie soavi, sorrette da una sezione ritmica formata da flebili e costanti palpitazioni.

The Something Rain è un disco pop. Ma non è quel pop solare e spesso banale che ascoltiamo per distrarci. Quello dei Tindersticks è un pop problematico, caratterizzato da un malessere reso più tollerabile dalle melodie orecchiabili e semplici. Questa musica non può non essere ascoltata perché parla direttamente alla parte più malata e più sofferta di noi. E perdersi nelle melodie di The Something Rain è il modo migliore per raggiungere una catarsi.

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Sofia Marelli
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