Tim Bowness
Lost In The Ghost Light
(InsideOutMusic)
art rock, art pop, progressive
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Chi non conosce(va) i No-Man vada di corsa a recuperarsi gli album; si tratta(va) del progetto della coppia Tim Bowness & Steven Wilson, il primo nella veste di cantante e il secondo di polistrumentista.
Tim Bowness arriva con Lost In The Ghost Light al suo quarto nonché più ambizioso album solista, in compagnia della solita parrocchia di musicisti del giro di Wilson più alcune guest star.
Oltre a Wilson al mixer, infatti, troviamo un super-gruppo con Stephen Bennett (Henry Fool), Colin Edwin (Porcupine Tree), Bruce Soord (The Pineapple Thief), Hux Nettermalm (Paatos), Andrew Booker (Sanguine Hum), Steve Bingham (No-Man) e le comparsate di Ian Anderson (Jethro Tull) e Andrew Keeling (Robert Fripp/Hilliard Ensemble/Evelyn Glennie).
Con un simile parterre di musicisti il capolavoro – sulla carta – è dietro l’angolo. E invece…
… e invece Lost In The Ghost Light è solo un bel disco, ma con nessuna sorpresa e qualche ripetizione di troppo, perso tra citazioni dei Pink Floyd, con Anderson che fa le sue solite cose, con Colin Edwin lasciato assai poco libero di esprimersi e il cantato di Tim che è tanto seducente quanto già totalmente espresso nei suoi precedenti lavori.
Le cartucce migliori vengono sparate nel finale di questo che è a tutti gli effetti un concept album sul backstage di una rockstar a fine carriera: la title-track vive di una bella tensione emotiva e You Wanted to Be Seen trova quell’ariosità che fine al quel momento era stata negata alle altre canzoni.
Concludendo, Lost In The Ghost Light, è un album piacevole dall’inizio alla fine, ma con pochi guizzi, attesi specialmente dopo aver saputo della caratura degli artisti coinvolti.
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