The Singers
The Room Went Black
(Cd, Autoproduzione)
indie rock
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La prima sensazione che si prova dopo aver ascoltato l’ album The Room Went Black è il piacere di sentirsi vivi. Ed è forse nella massima accezione del termine che si sono sentiti The Singers, i Cantanti appunto, col prima, il durante e il dopo la pubblicazione della loro prima raccolta, tutti in una stessa stanza.
L’esperienza musicale del quartetto romano formatosi nel 2010, prende spunto dalla quotidianeità per trattare la realtà in tutti i suoi aspetti, focalizzandosi talvolta su una singola sfumatura per dare un segnale chiaro della loro presa di posizione su essa. Presa di posizione che è tipica di coloro che cercano il sorriso in ogni situazione, di coloro che si impegnano per cercare di affermarsi contro il grigio della vita giornaliera, di coloro che anche per le piccole cose combattono digrignando i denti. Sempre e comunque contro il convenzionale, armati di buona musica e parole semplici ma efficaci.
L’influenza del rock alternativo e indipendente moderno si fa sentire eccome. Si consideri l’ammirazione confessata per gli Artic Monkeys o su un versante pari gli Arcade Fire. Ma ciò non significa copiare, bensì trarre il meglio da parafrasare su un pentagramma e da urlare/sussurrare al microfono.
La brevità delle tracce non è indicativa della pochezza dei messaggi infusi. Gli assoli e i rift di chitarra, come i grooves della batteria, non vengono inseriti solo per riempire spazi vuoti. La voce gentile accompagna e non guida il tutto, rendendo l’ascolto piacevole ad un orecchio anche non attento al particolare alluso.
Le danze si aprono con The Road, un titolo che non meglio potrebbe rievocare la provenienza underground della band, e con il riavvolgimento audio finale forse si sta ancora una volta a sottolineare le origini del percorso. Subito si giunge al primo estratto presentato e lanciato già da alcune emittenti radiofoniche Dance! Dance! Dance! (Hit The Floor). Un invito diretto a godere del piacere istantaneo simboleggiato nella canzone da un arte raffinata e complementare alla musica, quella della danza. Anche se nell’invito a ballare non è esplicitato il tipo di movimento da seguire, basta l’ “Hit The Floor”.
Se brani come Red Snow e I Bet Ya (Chakka Chakka) partono a razzo per dare una nuova piacevole scossa e per non abituare alla moderazione da filastrocca sonora, diametralmente opposte Shamrock e Lights On, Detective Blondie soffermano l’attenzione sul significato del tutto, a partire già dal titolo, aggiungendo talvolta anche qualche significato allusivo che invita a un nuovo ascolto per captare messaggi velati.
Un esordio modesto ma al contempo da non sottovalutare. Un’impostazione giusta nel genere conferita da solide basi classiche e spirito di cauta intraprendenza. Una buona partenza per il gruppo capitolino, che non potrebbe chiedere di meglio al momento, prendendo coscienza di avere tante cose buone in pentola e ampi margini di miglioramento.
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