The Shipwreck Bag Show
Don Kixote
(Wallace records / Brigadisco / Phonometak)
avant Garde, noise, proto punk
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Fuori dagli Afterhours il noto chitarrista Xabier Iriondo è solito sperimentare diverse forme musicali e questa volta con Roberto Bertacchini, batterista degli Starfuckers, celebra l’opera più famosa di Cervantes, incentrata sulla follia e i deliri del noto Don Kixote, vinile di 12” inconsueto formato da 11 tracce ultramoderne di circa 18 minuti sotto il nome di The Shipwreck Bag Show.
Un frullato di batteria apre l’opera con il prologo de L’Hidalgo Forte, poi si lancia nel fulgore protopunk de I Pastori e Gli Esercti Nemici. Si susseguono brani piuttosto corti e d’avanguardia che non sono inseriti in alcun contesto lirico e melodico conforme, ma si trascinano impetuosi in un jazzistico rituale di espressività tempestive e impulsive dove emerge la figura bislacca del Cavaliere de La Mancia interpretata a tratti dai due musicisti.
Prese in altri contesti, probabilmente alcune canzoni potrebbero risultare più azzeccate, come L’Incantesimo è Rotto in cui si sovrappongono due tracce di chitarra su alcuni campionamenti attraverso una melodia accattivante, guastata volutamente dal cantato non propriamente intonato di Bertacchini. Il duo getta nel mucchio la propria schizofrenia creativa nella più celebre delle imprese paranoiche, la battaglia del bizzarro cavaliere contro i mulini a vento, qui rivisti ne I Giganti dalle Braccia Rottanti dove don Kixote “usa la spada, ma il vento la fa volare” finendo in una rovinosa caduta.
Riparare i Torti è un divertissment da approfondire e la conclusiva Dulcinea si dilunga su 8 minuti in cui Iriondo si concede variazioni non solo con la chitarra elettrica, ma anche attraverso altri strumenti elaborati da Xabier stesso come la saahi baaja, il mahai metak e altri più comuni come la tromba e la tabla elettronica, esponendosi in maniera diretta e viscerale.
Poesia musicale destrutturata che si fonde nel garage/desert/rock d’avanguardia, il Don Kixiote del The Shipwreck Bag Show chiaramente rimarrà un disco che pochi apprezzeranno, un po’ come chi guarda un’opera astratta e tante volte distoglie gli occhi chiedendosi se mai un giorno riuscirà a coglierne il significato.
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