The Marigold
Kanaval
(DeAmbula Records/Riff Records/Hyphen Rec/Icore Prod.)
avant-rock, psychedelic rock, noise-rock
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Allucinato e claustrofobico, Kanaval segna il nuovo ritorno sulle scene musicali per Marco Campitelli e i suoi The Marigold, gruppo abruzzese al quarto album in carriera.
Il disco, prodotto e missato da Toshi Kasai (già al lavoro con i Melvins), mostra la continua evoluzione della band, attraverso 9 brani che rispetto al precedente album Tajga (2009) si concentrano sulla psichedelica dilatata e meno sul post-rock e sulla dark-wave. Ciononostante le atmosfere mantengono una certa cupezza, ma quello che cambia è l’approccio psicologico: se negli altri album c’era una forte introspezione, in Kanaval avviene l’opposto. Non si guarda l’anima all’interno, al contrario. Essa viene proiettata verso spazi indefiniti. Si tratta di un’espansione dell’animo, più che una sua analisi.
La prima traccia Organ-Grinder mostra alla perfezione il nuovo percorso musicale appena descritto, con un’ambientazione esoterico-claustrofobica che serve ad alimentare la tensione: il sound vaga senza una meta precisa, sotto l’assenza di coordinate spaziali.
La successiva Magmantra è monolitica, visionaria, tribale: tra voci acide in un deserto e ritmo paranoico i Marigold uniscono Swans e Acid Mothers Temple. Sensazioni dilatate sono presenti anche in Fade Dawn To Go Down, litania tribale che si insinua tra risucchi psichedelici e sovraincisioni vocali.
L’assalto noise Sick Transit Gloria Mundi, tra Melvins, Sonic Youth e Unsane, sembra la classica traccia che vuole spezzare l’atmosfera, ma poi pian piano si espande in più punti, con una sorta di “om” finale.
Il brano Sludge Jungle è il più sperimentale di Kanaval e forse dell’intera discografia dei The Marigold. Si tratta di una frenetica e fantasmagorica astrazione fatta di campionamenti di percussioni, rumori vari e archi, il tutto su un drone di chitarra. L’effetto è straniante, ma in linea con l’esplorazione della psiche.
Third-Melancholia si avvicina alla psichedelica cosmica, tramite spire di feedback ,accattivanti wah wah, ed effetti siderali. Invece So Say We All si riallaccia ai primi brani con la sua cantilena infarcita di LSD che vaga per deserti sconfinati.
Soffice nel suo incedere, Disturbed è continuamente squarciata ai fianchi da distorsioni sonnolente: l’effetto è sempre allucinato e disturbante.
L’album termina con i 9 minuti di Demon Leech, monolitica miscela sludge-kraut dai toni oscuri e dilatati.
Kanaval in definitiva mostra la costante evoluzione dei The Marigold, a loro agio nel mescolare vari generi tra loro e creare soluzioni mai banali e derivative.
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