The Maccabees
Given To The Wild
(CD, Fiction Records)
indie rock
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Aprire la Bibbia e scegliere la prima parola letta come nome della band: così Orlando Weeks, frontman dei The Maccabees, ha curiosamente raccontato la genesi del quintetto londinese, giunto al terzo album Given To The Wild. Anche se non ci sono implicazioni religiose all’interno della band, questi ragazzi di Brighton fanno dell’indie rock un vero e proprio credo musicale. Pubblico e critica aspettavano il disco della consacrazione, dopo l’esordio nel 2007 con Colour It In e la pubblicazione, due anni dopo, di Wall Of Arms: i tredici pezzi di Given To The Wild sono stati prodotti dal trio formato da Tim Goldsworthy, Jag Jago e Bruno Ellingham (che ha lavorato con LCD Soundsystem e Massive Attack).
I synth di Given To The Wild (Intro) precedono Child, ottima per gli svariati cambi di ritmo e inserti orchestrali alla Foals, pessima per il richiamo troppo evidente ai Coldplay della prima ora. Il disco prosegue sullo stesso registro con Feel To Follow, poi arriva Ayla: il pezzo (forse) meglio riuscito, che inizia con un delizioso piano e termina in un caos alla Bombay Bycicle Music Club. Non contenti, i Maccabees scimmiottano ancora Chris Martin in Glimmer; l’atmosfera di Forever I’ve Known ricorda i Bloc Party, splendida nel finale; con Heave si ha la conferma che i Coldplay sono un chiodo fisso, anche se un riff davvero interessante illude di poter evadere dalla monotonia del brano. I Maccabees mettono la terza con Pelican, primo singolo estratto, indie rock genuino e naturale, che apre la strada a un suono diverso da quello finora incontrato: di grande impatto Went Away, con ottime tastiere dal sapore tropical che riescono quasi completamente ad annullare la variante (impazzita) Coldplay; in Go, sono i synth a trionfare sulle chitarre; aggressiva e convincente Unknow, poi Slowly One sembrerebbe imporre una brusca frenata, ma si riprende bene con il crescendo finale. Non c’era traccia migliore di Grew Up At Midnight per chiudere, elegante e delicata, anche se al tempo stesso complessa, alla Mogwai.
Rispetto ai due lavori precedenti, Given To The Wild è molto più maturo, complesso e senza dubbio molto meno commerciale: rimangono i crescendo, vero e proprio marchio di fabbrica della band londinese, ma le melodie diventano elaborate e articolate come mai prima. Un album fatto di synth, atmosfere vintage, tracce new wave e un po’ di post punk. Contrasta, quindi, l’eccessiva e più che evidente imitazione dei Coldplay, come se fosse l’unico loro appiglio per rendersi invitanti e appetibili per le radio, scelta totalmente fuori luogo. Il mainstream non è cosa loro. Una contraddizione da rivedere.
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