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The Longj: Raggio Katarana

Un album di noise-rock abbastanza sorprendente, quello dei catanesi Longj, che richiede attenzione per la sua eterogeneità interna

The Longj

Raggio Katarana

(Cd, Edwood/Edizioni De Dieux)

noise-rock, post-rock

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The LongJ - Raggio KataranaSembrerebbe che Adolfo Macrì (chitarra e voce) e Marco Riccioli (batteria-voce) abbiano voluto instillare in questo Raggio Katarana più di un’idea specifica. Vale a dire: è come se ogni brano prendesse forma da uno spunto diverso, o meglio, da un punto di vista peculiare, pur restando sempre fedele alla canzone “rock” e non sforando quasi mai i tre minuti e mezzo – tranne nel caso, chiaramente, dell’ultima Etna (5:04).

Non è un noise “puro”, il loro, piuttosto vicino a dei Jon Spencer Blues Explosions senza Jon Spencer e con i preamplificatori in saturazione costante, diluito poi per mezzo di un’astrazione rumorista in stile Shellac (non a caso il mastering è opera di Bob Weston) e qualche volta con digressioni strumentali accostabili al post-rock.

La coesione c’è, anche nelle (relative) differenze incrociabili lungo l’esordio della band catanese, a partire dallo ‘space-noise’ di Muntagna e proseguendo con: il voodoobilly à-la Gun Club, solo più sporco, di Self, il blues deviato di Jimi Stevie Ray, quello talkin’ di Drinking Too, l’heavy-psych di Sveglia, il noise lampo di Warriors, il math devastante di Raggio Katarana, nonché l’abbandono parziale di tutto questo nel post-rock finale di Etna – pur chiudendosi con una distorsione “definitiva” che va a richiamare le detonazioni precedenti.

Eppure è forse proprio nella produzione che sembra mancare qualcosa. Anche se l’intento poteva essere quello di un lo-fi abrasivo. Ma resta comunque l’impressione che difetti, l’album, di una certa valorizzazione sonora, un non so che di definizione plastica a far emergere le qualità – di cui ne è pieno, R.K. – dalla piattezza “cromatica” che disinnesca le diversità effettivamente presenti.

Per il resto, tutto sommato, un grande abbrivo.

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