The Knife
Shaking the Habitual
(Cd, Rabid Records)
elettronica, electro
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Sono tornati i Knife. L’eclettica Karin Dreijer Andersson ed il fratello Olof sfornano questo nuovo lavoro dal titolo Shaking the Habitual. Il duo elettronico stupisce ancora una volta creando un disco dalle mille sfaccettature, in un cui c’è un tema dominante: il noise, il rumore. Perché in fondo il quarto album del duo svedese si concentra su questo aspetto. Il rumore in tutte le sue forme. Può essere un suono distorto dal synt di Olof, la voce campionata di Karin, percussioni a go go mixate col flauto. C’è tutto ed il contrario di tutto nel mondo dei Knife.
Si parte con A Tooth for an Eye un originale pezzo elettro-folk, avvolgente al punto giusto oltre ad essere uno dei più orecchiabili, in cui l’elettronica si mescola con tamburi e flauti.
In Full of Fire invece l’elettronica è assoluta protagonista. Da sottofondo la stessa base ripetuta per tutta la track, in cui si alterna la voce di Karin campionata e il sintetizzatore del fratello a mixare di tutto un pò, tanto che il pezzo sembra un pò una sorta di pavoneggiamento di Olof.
A Cherry on Top è una sorta di traccia nella traccia: ci sono tre minuti di ‘intro’ e poi parte il pezzo vero e proprio. Peraltro un pezzo molto ipnotico, con in sottofondo il rumore di un orologio a pendolo mixato magistralmente.
Without You My Life Would Be Boring strizza di nuovo l’occhio al folk, con flauti e tamburi a comporre un perfetto mosaico.
Segue la cupa ed elettronica Wrap your arms around me e l’interludio Crake.
Angosciante, forse anche per la lunghezza di ben 19 minuti, Old Dreams Waiting to Be Realized in cui si alternano flebili suoni.
Raging Lung è la più movimentata e ti prende al punto giusto con le percussioni che rapiscono la tua attenzione.
Networking devia decisamente verso la tecno prima del secondo interludio Oryx.
L’ansiogena Stay Out Here vede la presenza anche di Shannon Funchess che mescola la sua voce con quella di Karin.
Si prosegue con Fracking Fluid Injection, solo suoni e lamenti, per chiudere con Ready to Lose, niente di particolare.
Tante anime diverse convivono in questo Shaking The Habitual, ma quasi tutte si intersecano bene tra loro. Sicuramente un lavoro complesso ma anche una sorta di esaltazione fino alla spasmo del rumore che alla fine apprezzi. L’unico appunto è sulla lunghezza delle track, visto che a volte si sfiora l’esagerazione, si va dai 6 minuti ai 19. Ma ai Knife possiamo perdonare anche questo. Si è dovuto attendere ben tre anni, ma in fondo, ne è valsa la pena.
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