The Jesus & Mary Chain
Damage & Joy
(Ada)
post-punk, noise-pop
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Dopo un silenzio lungo anni luce, il ritorno dei Jesus & Mary Chain è negli scaffali (virtuali e non) di tutti i negozi di dischi e si chiama Damage & Joy.
Finite le provocazioni blasfeme, finiti i tempi di concerti brevissimi e con la band girata di spalle al pubblico, lasciati alle spalle gli abusi di anfetamine e i relativi arresti per possesso di droga, i fratelli Reid in oltre trent’anni di carriera si sono rivelati seminali e influenti per band come A Place to Bury Strangers e Brian Jonestown Massacre, giusto per fare due nomi tra i primi che mi vengono in mente.
Il seguito del mezzo fallimento Munki – che i due fratelli registrarono senza mai incontrarsi – arriva quindi dopo 19 anni, periodo in cui i “nostri” se ne sono stati a lungo in silenzio, salvo pian pianino ricominciare a calcare i palchi di tutto il mondo, festival compresi (li avevamo visti al Primavera Sound di qualche anno fa).
I fan di lungo corso stiano tranquilli, anche in Damage & Joy la formula delle tenebre-che-incontrano-la-luce è rimasta intatta. Forse anche troppo. E non bastano gli eterogenei ospiti (Brian Young, Phil King già nei Lush, Sky Ferreira e Isobel Campbell) a mischiare le carte.
Il che non sarebbe neanche un male se non fosse che l’album è lunghetto (supera i 50 minuti) e qualche brano-riempitivo si ritrova all’appello.
Ma per fortuna c’è anche e soprattutto tanta sostanza, tante virate post-punk “alla vecchia”, Amputation apre l’album nel migliore dei modi, Song for a Secret che è già destinata a diventare un “nuovo classico”, War or Peace sembra arrivare dritta dritta da Darklands.
Insomma, tanta ciccia ma… Damage & Joy corre due rischi: risultare indifferente ai “giovani” e risultare troppo nostalgico per chi la stagione post-punk / noise l’ha vissuta “in diretta”.
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