The Great Northern X
Coven
(In the Bottle Records, Fooltribe, Upupa Produzioni, Vaggimal)
folk rock
________________
Quattro anni fa le esperienze degli Art of Wind e dei Flap, gruppi rock padovani, convogliarono in questo nuovo progetto sotto il monicker di The Great Northern X. Il quartetto veneto nel primo lavoro scelse di proporre un sound con una predominanza folk acustica e brani malinconici dalle venature psichedeliche. In questo nuovo disco, Coven, riprongono altri 7 brani – come il predecessore – in una mezzoretta di ascolto dagli andamenti più vibranti e un suono incisivo.
Il ritmato avvio di Skunk trae un po’ in inganno per le battute scandite in modo sostenuto e scorrevoli allo stesso tempo, con chitarre non ampollose ma enfatiche nell’impostazione elettrica, un brano che sposa la tradizione folk rock british e che mi riporta per certi versi a quel Pisces Iscariot degli Smashing Pumpkins per la sua ossatura musicale e nel cantato in lingua inglese del singer Marco Degli Espositi.
Il gruppo fa un quadro pessimista della propria generazione proponendo come tema centrale di Coven le madri disoccupate, le ragazze che devono affrontare nell’incertezza del proprio futuro una gravidanza, le meretrici che troviamo sotto casa in un’Italia che passa davanti a loro nell’indifferenza mentre finge di combattere la crisi attorniando il tutto con un’aria strumentale melanconica.
Rispetto alle sonorità asciutte del primo loro lavoro, le nuove tracce tendono ad essere maggiormente avvolgenti, contrassegnate da interventi ulteriormente elettrici ed un songwriting folk-psichedelicho. Le atmosfere che si susseguono da Let’s Drown Our Sorrow pressoché oniriche e gli adattamenti leggiadri ed eleganti come nell’indolente ballad The River Song, in cui si aggiunge il suono di un’armonica, cedono il passo anche a brani con sonorità genuine senza strutture particolari o qualche sorta di improvvisazione e sperimentazione.
Con Dead Caravan troviamo finalmente una certa irrequietezza post-rock, poi si passa alla solarità di Machine Gun Star e i riff scherzosi che accompagnano Carol. L’album si spegne con un brano di arpeggi, Fever, comprimendo un disco “oscuro nei modi e negli argomenti”.
Registrato in presa diretta cercando di limitare le sovraincisioni e gli arrangiamenti necessari, i The Great Northern X confermano la strada intrapresa riuscendo a marcare ancora di più il proprio sound con arrangiamenti efficaci.
Gli ultimi articoli di Luca Paisiello
- Gli Yo Yo Mundi festeggiano i 35 anni di carriera - November 16th, 2024
- Zagreb: recensione di Terra Bruciata - November 9th, 2024
- Michael Kepler: recensione di Mask Of The White Ape - October 28th, 2024
- Soul Asylum: recensione di Slowly but Shirley - October 25th, 2024
- Luciano Panama : Raggi che oltrepassano qualsiasi andatura - October 6th, 2024