Teresa Mascianà
Shine
(Top Records)
pop, rock
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Dopo un passato da sound engineer, il 2012 è l’anno in cui Teresa Mascianà si propone finalmente al grande pubblico come musicista a tutti gli effetti pubblicando l’opera prima Don’t love me. Oggi torna a cercare il consenso della critica con il suo secondo lavoro in studio, Shine, contaminato da sonorità africane, anglo-americane e rock italiano. Un progetto più maturo nel quale la cantautrice calabra abbandona il pop easy listening degli esordi alla ricerca di una maturità artistica volta ad abbracciare una molteplicità di generi.
Shine si apre con Have a good time, che fa da ponte con il lavoro precedente, molto easy rock’n’roll, per continuare con la title track à la Billy Idol. Non ci penso più stupisce per diversi aspetti: il testo apparentemente confuso e perverso è una lettera gelida scritta per un autore di stalking che si articola sulle note di un prog rock di matrice nostrana, ma soprattutto è l’unico brano cantato in italiano. E mi ritrovo a ribadire quanto già sostenuto in occasione della recensione di Don’t love me: la scelta di una lingua straniera può rivelarsi un’arma a doppio taglio, che imprigiona i testi in una limitante bidimensionalità quando non magistralmente padroneggiata.
Dal perfetto intreccio di chitarre e basso della ballad Crazy ci troviamo in Africa con un pezzo folk che trova un senso di continuità nel successivo Gundo Senado, scioglilingua per bambini insegnato a Teresa dalla nonna reduce dalle colonie africane. Away e la sua cassa disco in equilibrio tra passato e futuro preannunciano il finale con un’altra ballad in stile rock, Carry me on.
Nel complesso, un album più aperto alla sperimentazione rispetto al precedente, nel quale emerge ancora una volta prepotente il DNA da bassista di Teresa Mascianà, che fa sì che la sezione ritmica sia sempre estremamente curata e convincente.
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