Telesplash
Non è Più Poesia
(Tirreno Dischi)
pop-rock
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Pensi alla campagna toscana e te la immagini un po’ bigotta, nell’accezione migliore del termine, rinchiusa tra casali finemente ristrutturati con pavimenti in cotto e puntellati da cipressi vigorosi e fieri come corazzieri sempliciotti.
Eccolo il regno dei Telesplash, band della provincia aretina che naviga nel panorama indie-rock italico ormai da qualche anno alternando ad una apparente leggerezza stilistica fatta di ritmi cadenzati e di un sound sempre godibile alcuni tratti decisamente più ricercati.
Pioggia e Sole, il brano di apertura di Non è Più Poesia, all’incedere di una chitarra acustica accompagna un bignami che racchiude la filosofia di questa band: per chi ha voglia di fermarsi ad ascoltare, passaggi come “con facce troppo serie per capire” oppure “sarebbe inutile anche la verità, in un mondo senza bugie” o ancora “strade nuove in cui ti perderai, la vita è un’altalena tra apatia e passione”, sono espressioni tutto sommato semplici che aprono botole su riflessioni estremamente profonde.
Somebody, con una lirica certamente più scanzonata, mi ricorda alcune sonorità del primo Alex Britti perfette per Radio Italia, proprio come quelle di Freddo che, a seguire, annovera la featuring del compaesano Pupo.
Canzone per uno studente -che nostalgia per l’università!- e Odio il lavoro, a giudicare dai titoli, sono state accodate una all’altra non per caso e fanno da spartiacque ad un album che fin qui fila via liscio come un cocktail sul mare.
C’è spazio anche per un assolo distorto in La coppa, anzi due, prima di saltare alle compatibilità astrali in Di che segno sei dove la ricercatezza e l’originalità di alcuni arrangiamenti sono sempre prigioniere di un equilibrio che non si abbandona mai del tutto, “non è questione solo sai di stelle, certo abbiam bisogno anche di quelle, ma spesso abbiam bisogno più di ragionare”.
Sere davanti alla TV, il mutuo da pagare, domeniche a pranzo dai genitori, sono la normalità che va bene se non perde mai la dignità.
Le parole dei profeti sono scritte sui muri della metropolitana, quelle dei poeti maledetti sul muro di una scuola che crolla insieme alle nostre certezze.
E intanto, quasi senza accorgermene, sono arrivato all’ultima traccia, sorvolando a bassa quota i cieli di un’omologazione sociale shakerata nel calice di un compromesso che prima o poi inevitabilmente arriva. Una sensazione di gradevolezza mi accompagna con savoir faire fuori da questo album ben confezionato, senza grosse pretese e senza concessioni troppo banali. Questione di stile.
P.S.: presto approfondiremo la conoscenza dei Telesplash con un’intervista.
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