Suzanne Vega
Lover, Beloved: Songs From An Evening With Carson McCullers
(Cooking Vynil)
folk rock
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Lover, Beloved: Songs From An Evening With Carson McCullers è stato il focus principale di un tour che definire promozionale è difficile perché in realtà ha anticipato l’album presentandolo alle platee dei teatri prima ancora che a quelle delle radio. Anche in Italia dove, nello scorso luglio, ben sette esibizioni hanno scaldato ulteriormente un’estate già torrida di per sé.
Niente di cui stupirsi però, perché Suzanne Vega è così, bisogna bagnarsi un dito di saliva per sentire dove soffia il vento e guardare dalla parte opposta per avvistarla.
Proprio per questo lei è certamente una di quelle artiste che meritano un trattamento particolare. Che, intendiamoci, non vuol dire compiacenza. Tutt’altro. Semmai un ascolto un po’ più attento e quel giusto approfondimento necessario a inquadrare le sue tematiche.
Per esempio, quanti di voi sanno chi è Carson McCullers? Pochissimi, ci scommetto.
Ma la mia vera domanda è: quanti di voi saranno abbastanza curiosi da andare a fare una ricerca esaustiva che non si esaurisca con la semplice googlata su Wikipedia? Lancio con leggiadra superficialità le fiches che ho appena vinto sulla stessa casella, così, per rivincere facile.
Eppure è proprio qui il cuore di questo nuovo lavoro della cantautrice americana. Chi mi legge forse saprà che, soprattutto nelle interviste, sono sempre alla ricerca di carpire, semmai esista, il segreto dell’ispirazione. O meglio, correggo il tiro, la fonte dell’ispirazione. Cos’è che spinge un’artista alla creazione di un’opera dell’ingegno: un panorama, una sensazione, le parole di uno sconosciuto sull’autobus, un mozzicone di sigaretta, un fatto di cronaca… Non lo trovate terribilmente affascinante? Un’artista, ossia una persona qualunque ma dotata di una sensibilità maggiore, che racconta a tutti cosa la sua sensibilità ha percepito che invece è sfuggita alle nostre.
Detto questo, non vi riporterò in dettaglio chi è Carson McCullers, désolée. Però vi fornisco un paio di titoli, The Heart Is A Lonely Hunter (Il Cuore E’ Un Cacciatore Solitario) del 1940 o ancora The Member Of The Wedding (Invito Di Nozze) del 1946, utili e necessari per scoprire una scrittrice lungimirante, liberista e ferocemente avanguardista, figlia di un’epoca meno semplice della nostra –e questo è un chiaro eufemismo- nata nel sud degli Stati Uniti nel 1917 nel bel mezzo di un subbuglio politico e razzista e trasferitasi a New York dopo i vent’anni.
In un certo senso questa sua “prima fase”, con la spericolatezza di un parallelismo affascinante e un po’ visionario, è in qualche modo accostabile a quella di Suzanne Vega che, originaria della soleggiata Santa Monica, si è trasferita –ben più giovane- nella Grande Mela dove, annaspando nelle dinamiche complesse di zone come Spanish Harlem e Upper West Side, è cresciuta tra le turbolenze di una doppia discriminazione. E’ lei stessa a raccontarlo “Sono cresciuta in un ambiente povero a NY, molto spesso ero l’unica ragazza bianca oltre a mia madre a girare per le strade. Insomma, ero io l’outsider. E anche in casa, ho avuto un padre diverso rispetto ai miei fratelli e sorelle perché mia madre si era risposata, io ero quella diversa. Penso che questo mi abbia fatto sentire come se fossi sempre ai margini dell’esistenza. Parallelamente però potevo vedere i problemi del mio ambiente, razzismo compreso. Avevo 9 anni quando scoprii che l’uomo che mi aveva cresciuto, scuro di pelle, coi capelli molto ricci non era mio padre e ne fui molto scossa perché mi piaceva l’idea di essere per metà portoricana, invece ero bianchissima. Così sono cresciuta in un’atmosfera molto cosciente del ruolo del mio patrigno nella società. Era molto radicale, attivo politicamente, andava alla marcia di Washington e ad altre marce, negli anni Sessanta e Settanta. Io frequentavo la comunità ispanica, ascoltavo musica sudamericana… per questo, l’atmosfera del libro di Carson mi è familiare”.
E proprio il suo patrigno, lo scrittore portoricano Ed Vega, sembra affiorare in questa short-story come uno di quei fascinosi caratteristi che, nei film di spessore, rimangono nell’oblio del background per le ineluttabili esigenze del “cut” mainstream e per lo strazio eterno dei registi.
Ci sarebbero poi altre similitudini ad avvicinare le due donne. Quella più curiosa, forse simbolica, è che Carson da bambina studiò a lungo il pianoforte prima di captare la sua vera vocazione letteraria, proprio come Suzanne che per colpa di Lou Reed buttò via le ormai consunte scarpette da aspirante étoile.
Ma vogliamo smetterla di filosofeggiare blandamente e iniziare finalmente a parlare di musica?
Certamente sì. Anche se, come ho già accennato, Vega si è guadagnata da un bel pezzo un posto significativo nella schiera della meritocrazia, tanto che nel commentare le sue melodie e armonie si rischia di scivolare banalmente nell’elogio di rito.
Lover, Beloved: Songs From An Evening With Carson McCullers è un titolo impegnativo che ha quello charm semi astratto a cavallo tra bohémien e progressismo, un po’ come René And Georgette Magritte With Their Dog After The War di Paul Simon.
La cinquantasettenne folk-singer ripropone il suo sound delicato, elegante e sobrio, impreziosito dalla rinnovata collaborazione nella scrittura con Duncan Sheik.
Tanta chitarra acustica, fiati, banjo.
Si va dal blues, al jazz, alle ballate piano e voce.
L’album, il suo nono in studio che segue di due anni Tales From The Realm Of The Queen Pentacles, uscirà il 14 ottobre ed è stato anticipato dal video di We Of Me e dal singolo Harper Lee.
Ma come? Harper Lee, proprio lei? E’ un paradosso? Uno scherzo? Un gioco?
Suzanne la spiega facilmente così, “Altra scrittrice e altro riferimento per me. Più giovane della McCullers ma in qualche modo connessa a lei per la capacità critica e per la libertà che si sono concesse entrambe di esprimere”.
I più accoliti di voi potranno cordialmente ignorarla e indagare con la perizia di un ufficiale zelante per cercare di comprendere cosa si celi davvero dentro quelle parole e, soprattutto, cosa passi davanti agli occhi e dentro la testa di questa artigiana che, pur senza essersi mai chiusa a riccio nel disgusto spocchioso della modernità, è riuscita nell’impresa “alienica” di tenersi ben alla larga dai compromessi di marketing che le potenti label non sono mai riuscite a imporle.
Ma vi prego, se scoprite qualsiasi cosa, fatemela sapere.
Perché io, da questa benedetta sorgente dell’ispirazione, continuo a rimanerne irrimediabilmente affascinato.
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