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Stone Gossard: Moonlander

Stone Gossard, il chitarrista dei Pearl Jam, ricicla brani scartati con la band e pubblica il suo secondo lavoro solista, un disco piatto, senza brividi e che non lascerà il segno

Stone Gossard

Moonlander

(CD, Monkeywrench Records)

folk, blues, country

[starreview tpl=16]

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Dopo Bayleaf del 2001, Moonlander è il secondo album solista di Stone Gossard, il chitarrista ritmico dei Pearl Jam, da cui non ci si aspettava un disco sulla falsariga della sua band, ma c’era il timore che si potesse percorrere una ricerca sperimentale. La scelta di Stone è stata quella di ravanare nello scatolone delle demo e racimolare una dozzina di brani che potessero ancora trasmettergli un feeling dopo tutti questi anni di scantinato.

Undici canzoni non costruite apposta per realizzare un disco solista, ma un “the best” di pezzi scartati che forse potevano finire in un album dei Pearl Jam e ripescate per mostrarci la vena compositiva del signor Gossard, dato alcuni di questi brani furono già rilasciati nel 2008 sul sito della band. Giusto perché a lui comporre musica piace.

Si parte con I Need Something Different, il suono distorto si fa strada attraverso la quartina di giro di accordi che ci riporta alle prime cose della band di Seattle, che oltre ai loro dischi e bootleg ufficiali hanno prodotto una quantità enorme di b-side, cover e demo sparsi per il globo. Stone dice che per questo pezzo ha iniziato suonando un po’ di batteria nel tempo libero, una decina di anni fa, gli è ronzata in testa una melodia e poi pian piano ha voluto elaborare gli arrangiamenti. Per la linea di basso ci ha messo venti secondi, quando il drummer Matt Chamberlain è arrivato in studio ha stravolto la parte di batteria. La canzone è stata dimenticata per 7 anni e poi frugando nel famoso scatolone Stone l’ha tirata fuori e ci ha buttato dentro il testo.

Dalla title track nella posizione numero due del CD in poi capiamo come stanno realmente le cose: sì, ogni tanto una pennata elettrica, voce cantautorale, coretti, qualche timido riff di completezza, ma diciamoci la verità, si nota da Dio l’assenza dei compagni come Eddie Vedder e Mike McCready che sanno come rifinire davvero una canzone e renderla intensa. Oltre al cantato non proprio brillante di Gossard, questo insieme di pezzi folk e blues come Both Live, King of the Junkies, I Don’t Wanna Go To Bed, Bombs Away, Witch Doctor o il piano per la ballad di Your Flame è molle e senza gambe, brani calmi, riflessivi, spirituali ma senza mordente.

Al disco collaborano il collega Matt Cameron alle pelli e Regan Hagar che arriva dai Brad, il progetto parallelo di Gossard. Gli arrangiamenti senza dubbio sono di buona qualità, e ci mancherebbe, ma non impressionano. Un pelo più singolare è Battle Cry ma sostanzialmente sono 11 brani semplici che si fanno ascoltare senza tanto clamore. Intanto i Pearl Jam hanno annunciato per il 14 ottobre l’uscita del prossimo disco intitolato Lightning Bolt, ormai portato a termine. Vedremo cosa ne verrà fuori da un lavoro certamente più impegnativo.

 

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Luca Paisiello
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