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Stella Diana: 57

Giri ipnotici, soft, new wave quello di 57, il quinto lavoro dei Stella Diana con le loro chitarre sognanti

Stella Diana

57

(Vipchoyo Sound Factory, Siete Senoritas Gritando)

new wave, shoegaze

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Stella Diana_57_recensioneIl nuovo disco degli Stella Diana si intitola 57, album composto in completa libertà con dieci canzoni che la band campana ha sfornato a 20 anni dalla sua nascita senza volerne fare una celebrazione. E’ un album nato così, seguendo l’ispirazione senza particolari schemi, attingendo al sentimentalismo per poi trasporlo attraverso i suoni delle chitarre oniriche.

Cinque dischi e due decadi di concerti con la formula new wave / shoegaze che li ha resi popolari, intrattenendoci con la loro musica delicata, ipnotica e conturbante. In 57 il trio conferma la maturità raggiunta con un songwriting sognante, ammaliante, magnetico, che non può ricordare l’ondata new wave dei vari Cure, Slowdrive, Echo & The Bunnymen. Attraverso testi ermetici cantati in inglese, raccontano di vite sociali isolate e mancanza di dialogo, contornati da sonorità riverberate.

Questo dream pop ripieno di riff di chitarra lucenti e malinconici ci mettono di fronte ad una band che va ascoltata nel momento giusto. Personalmente ho trovato il disco troppo delicato e sognante, dopo il carico di Lurine Rae e la splendida Naos, che senza ombra di dubbio mi ha ricordato non poco le tenebrose atmosfere dei Cure (come quelle sentite in Der Sandmann e la seguente Lost Children a fine disco) ho atteso un pezzo che mi travolgesse per la sua irruenza. E purtroppo non c’è stato (forse Do Androids se avesse avuto quel guizzo elettrico che cercavo), ma credo che un paio di brani coraggiosi  fossero necessari per non rendere nel complesso l’album esageratamente lineare soprattutto nel cantato. Insomma, manca un po’ di Ride, di Joy Division…

Però questa è la musica sensuale dei Stella Diana, e per certi versi dato che mi mancano da morire i Cure e chissà quando Robert Smith si metterà a produrre qualcosa di nuovo, ecco che in parte gli Stella Diana ripagano questa mia voglia. Bella la leggerezza avvertita in Harrison Ford, solare e arrangiata in maniera pop senza essere asfissiante.

Il finale come detto è accattivante: 57 è un disco lento, e va ascoltato come si dovrebbe mangiare a tavola, lentamente, assaporando il cibo, aiutando la digestione.

P.S.: l’album esce il 25 maggio.

 

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Luca Paisiello
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