Southside Johnny & The Asbury Jukes
Soultime
(Leroy Records)
soul, rock
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Ci sono quegli album che li metti su e ti senti immediatamente bene, come quando infili le tue vecchie scarpe da ginnastica per andartene via o quando torni a casa dopo una lunga passeggiata per il mondo.
Quegli album sono sempre più rari e Soultime, il nuovo di Southside Johnny & The Asbury Jukes, è uno di quelli.
Diciamolo subito, tanto è inevitabile: ad oggi i veri leader del New Jersey sono loro e un’altra giovane band –sulla quale per ora voglio solo mettervi curiosità- che a breve sfornerà un album che, pur potendovi già predire come grandioso, non vi voglio anticipare.
Il perché del primato è presto detto. Quando Bruce Springsteen in questo caldissimo agosto è salito due volte sul palco del Wonder Bar di Asbury Park facendo strabuzzare fuori dai boccali le birre dei pochi avventori, ha sudato e schitarrato per il puro piacere di non passare un’altra serata davanti alla TV. Esattamente quello che Southside Johnny e i suoi musicisti fanno da molti anni: si divertono a fare ciò che amano di più.
Sembra una banalità, sicuro, eppure la maggior parte dei musicisti col passare del tempo dimentica il piacere nel suonare. E più diventano grandi e più perdono la memoria. Non Johnny però. No, lui pur essendo un mito per almeno tre generazioni di fan è rimasto ancorato a un successo di nicchia. E gli va bene così perché, come ha più volte ammesso pubblicamente, non sarebbe stato in grado di gestire un successo massivo come quello di tanti suoi amici -e seguaci- molto più celebri e osannati di lui.
Ci sono voluti 5 anni per ascoltare un nuovo album, che segue il fortunato Pills And Ammo e che è stato intervallato da alcuni progetti collaterali che vedono coinvolti i vari membri della band, tra i quali vale certamente la pena di ricordare Southside Johnny & The Poor Fools e i New York Horns (che avevo già recensito e intervistato l’anno scorso).
Soultime è un disco fantastico. Lo potete mettere in sottofondo alle cene con gli amici e farete un figurone anche se l’arrosto è troppo cotto, lo potete sparare ad alto volume e ballarci su facendo invidia ai vicini (alcuni pezzi come Spinning o Looking For A Good Time sono irresistibili), lo potete ascoltare nell’intimità della vostra solitudine apprezzando una miriade di trovate originali negli arrangiamenti di prima classe.
Se è vero che nei Jukes hanno militato veri e propri mostri sacri come Little Steven e Bobby Bandiera, tanto per citarne un paio, è altrettanto vero che il perfetto alter ego di Johnny è certamente Jeff Kazee, ascoltate il duetto di All I Can Do per credere. Tastierista, compositore, arrangiatore, produttore, questo menestrello che vive a NYC e ama i panini degli autogrill italiani (ragion per cui spero di poterlo portare a cena alla prima occasione) è una istituzione tra gli addetti ai lavori ma, come spesso accade, paga l’elevatissima qualità del suo lavoro con una misconoscenza del grande pubblico.
Si spazia dal soul al rock passando per Ballate (la B maiuscola non è un errore di stampa) di altissimo livello come la i-n-c-r-e-d-i-b-i-l-e Words Fail Me, in cui la voce profonda e magnifica di Johnny non ha bisogno di commenti.
Ascoltate la strumentale Klank e, vi prego, fatela ascoltare anche ai vostri amici e conoscenti e ai vostri figli, perché gli toglierà il fiato.
I musicisti sono spaziali e, tra quelli di cui non ho ancora scritto, voglio citare Glenn Alexander alla chitarra (potete seguire qui la sua interessantissima newsletter http://glennalexander.com), Tom Seguso alla batteria e lo straordinario bassista John Conte. Chiudono la line-up Chris Anderson alla tromba, John Isley al sassofono e Neal Pawley al trombone, in quella che è una sezione fiati da paura.
Soultime sta alla musica come una scuderia da metà griglia sta alla F1 o come un cestista senza Nike Air sta alla NBA: è un top album che rischia di rimanere nell’anonimato della mischia.
Forse sarò di parte, ecchissenefrega, ma questo è il più bel CD che mi sia capitato tra le mani da almeno 2 anni a questa parte.
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