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Slash: Apocalyptic Love

Questa volta Slash presenta il suo disco con un unico ospite, Myles Kennedy. Tutto nella norma, forse più sottotono di quanto ci si aspettava

Slash

Apocalyptic Love

(CD, Dik Hayd Records, 2012)

rock

[starreview tpl=16]

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Slash- Apocalyptic LoveQuando i Velvet Revolver lo avevano chiamato per rimpiazzare Scott Weiland, Myles Kennedy disse che era troppo impegnato negli Alter Bridge di Tremonti, band con cui attualmente sta lavorando ad un quarto disco. Da allora Myles ha fatto la comparsa nel primo disco solista di Slash, ha accettato di seguirlo come singer nel suo tour, è salito sul palco del Rock And Roll Hall Of Fame (quando sono stati immortalati i Guns) per sostituire un rancoroso Axl. E ha infine deciso di prestare la sua voce nelle registrazioni di questo Apocalyptic Love, con la stessa truppa che ha accompagnato i due nel DVD che abbiamo recensito, ovvero Todd Kerns e Brent Fitz. Meno male che non aveva tempo.

La novità di questo disco è che rispetto al precedente non lo troviamo infarcito di ospiti e questo probabilmente è il difetto di una produzione buona ma che non eccelle come dovrebbe. Di Slash c’è una fazione che afferma che i suoi riff hanno impreziosito i dischi dei Guns e 10 gradini sotto quelli dei Velvet Revolver e degli Snakepit, ma come compositore è sempre stato all’ombra di Axl. Io la penso così, a distanza di decenni dopo la rottura il lavoro migliore l’ha fatto di nuovo il democratico cinese, poi Libertad e il resto tanto blues rock e l’alt-punk di Duff. Per i superfans ricordo anche i discreti dischi di Izzy e annuncio che anche Steven Adler torna ora nel giro con un album dall’anteprima scialba.

Tornando a Slash, l’album omonimo del 2010 francamente è stato a tratti sorprendente, canzoni che han girato parecchio nel mio lettore e una marea di voci che hanno affiancato il gradevole lavoro di Slash. Apocalyptic Love è un agglomerato di riff e ritornelli piacevoli, con meno groove, una buona dose di energia, ma piuttosto ordinario. La voce di Kennedy non si discute, anche se spesso nelle strofe sembra di sentire gli Alter Bridge degli esordi, ma è un mio condizionamento.

Talvolta Mister Tuba trova una diversa ispirazione, per esempio i sei minuti di Anastasia hanno un intro acustico che lascia poi spazio a riff alla Malmsteen culminando in una lunga cavalcata. A ruota parte la malinconica Not For Me che come detto sembra un pezzo dei primi AB ma poi mi scade il pezzo con la banalità di Bad Rain.  Segnalo Far and Away, una smielata ballad piena di arpeggi e Carolina che sembra scritta da Richie Kotzen. Le canzoni sono suonate dirette e compatte e almeno questa volta non abbiamo Fergie che canticchia orrendamente Paradise City.

Insomma, i brani non fanno strappare i capelli, quando si passa agli assoli in alcuni brani torna alla memoria qualche linea dei vecchi Guns, ma a distanza di settimane devo ammettere che non c’è un assolo che mi è rimasto impresso. Non dico di pretendere per l’ennesima volta Sweet Child O’Mine, ma almeno una nuova Back From Cali o Starlight (sempre con Myles) o Ghost (con Ian Asbury) o By The Sword (con Andrew Stockdale) che hanno quei riff immemori. Questo disco, signori, sembra più un’insieme di scarti e qualche aggiunta nel tempo libero dall’ultima tournee. Non affatto brutto, ma probabilmente è quello che ci aspettavamo due anni fa senza tante aspettative. Sì, decisamente, dopo Slash & Friends speravo ancora in qualche piccolo gioiellino. Bella la copertina.

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Luca Paisiello
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