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Silver Rocket: Old Fashioned

Nessuna pretesa di innovare nel disco di debutto della band ferrarese, che anzi vuole rispolverare un sound vintage (appunto “old fashioned”) e suonare “la solita roba”. Ma alla grande

Silver Rocket

Old Fashioned

(CD, Mexican Standoff/AF Music)

garage, indie, post-punk

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Silver Rocket- Old FashionedQuesto trio di Ferrara non ha nessuna intenzione di rivoluzionare la musica e  non vuole essere ricordato per la sua creatività. Con Old Fashioned, i Silver Rocket vogliono suonare “la solita roba”. E lo fanno come si deve, spaziando tra ballate in stile 50’s, spunti indie, suoni garage e influenze post-punk. “Il disco è una bomba/carta/carbone che ti esplode in mano mentre loro stanno ridendo nella loro cantina dentro le mura di Ferrara”. Così ne parla Nicola Donà, che dipinge un’immagine molto ben definita dei Silver Rocket: “Un trio sporco, crudo, ubriaco, essenziale. Suonano chitarra, basso e batteria lisci come il whiskey. […]. Sono scomodi come il bambino che odiavi all’asilo […]. Il valore aggiunto sono la scelta dei suoi, impressionanti; la cura per i dettagli e la continuità […]”.

L’inizio di The Worst Is Yet to Come è un’eco contagiosa del genio di Lou Reed, con rimandi anche a Bohemian Like You dei Dandy Warhols holgli anni’80 di The Getaway insegnano come sia facile togliersi qualche sassolino dalla scarpa: ci pensano chitarre distorte e l’indie attitude di un cantato trascinato e pigro che proprio in questo cela il suo fascino, come Saturate, dal sound simile agli Stranglers, chiaramente dimostra. C’è tanto degli Arctic Monkeys nella travolgente Indifferent. Delusioni, rimpianti e incomprensioni si mescolano nella triste Walk Out That Door, dove sembra di ascoltare gli Who; anche se molto più distorta e rabbiosa, Failure And Disaster potrebbe essere un pezzo dei Verdena o dei Porno For Pyrus. Un macabro basso ci guida all’ascolto di Static, dal ritmo lento e troppo compassato, che finisce per stufare; ci pensa Bunny Ears, che ricorda i Soul Asylum, a farci tornare grinta e carica, per poi alzare a palla il volume con Untitled, la traccia alla Iggy Pop più noise di tutto l’album. La formazione ferrarese si diletta poi nella cover di That’s Life, pezzo cantato dal mito Frank Sinatra nel 1966, con una strafottenza punk-rock che trasporta Old Fashioned nei juke-box dei fast food americani anni’70. Infine, The Target è un pezzo interessante, che nel cantato richiama Billy Joe dei Green Day, ma stenta a decollare, se non nel marasma distorto degli ultimi secondi.

Al loro debutto, i Silver Rocket rispolverano il passato garage e lo attualizzano con qualità, versatilità e grande intensità. I testi sono minimalisti, essenziali, a volte ermetici, e rispecchiano pienamente il mood dell’intero album. Il suono è rough, dirty, filthy: underground al 100%. Loro, invece, non lo sono affatto: almeno per quanto riguarda le abilità tecniche, superiori alla media, e la produzione del disco, di alto livello e grande cura. Per questo Old Fashioned potrebbe diventare un classico, ma stona nel non offrire dinamismo e sviluppo all’interno delle sue tracce.


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