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Sheryl Crow: Threads

Può essere l’ultimo album di inediti di Sheryl Crow questo Threads? Probabilmente sì, e lo fa con un disco pieno di duetti.

Sheryl Crow

Threads

(Big Machine Records)

blues, country, folk

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A quanto pare Sheryl Crow ha annunciato che Threads sarà il suo ultimo disco intero con canzoni nuove, spolverando per l’occasione la sua chitarra insieme ad un bel nugolo di amici che hanno cantato con lei i 17 brani di questo suo finale discografico.

Probabilmente l’idea è che ci saranno altri brani da qui in avanti che usciranno di tanto in tanto, con relative tourneé celebrative, a qualcuno può anche star bene così in un’epoca che, diciamo la verità, pochi ascoltano un album dall’inizio alla fine. Non è il mio caso.

È seccante per me leggere di artisti che considerano anche solo lontanamente l’idea di rilasciare solo più singoli, pensando al più sia sufficiente pubblicare un Ep dove piazzare un paio di inediti, una cover e l’acustico di uno dei brani di successo per fare cassa e vivacchiare. Capisco anche che a un musicista, dopo 20 anni di successi e 10 dischi, venga meno la vena creativa e, invece di pubblicare cose discutibili come ha fatto Piero Pelù in questi giorni col brano Picnic all’Inferno, si può perdonare il rilascio del singolo come si faceva ai tempi dei nostri genitori. Meglio che niente? If It Makes You Happy…

Threads nasce dopo il rifacimento di Border Lord, un vecchio brano dell’attore-cantante Kris Kristofferson che ha duettato con lei per registrare dei nuovi master. A coronamento di una carriera di dovuto rispetto, Sheryl ha pensato di mettere insieme dei nuovi pezzi con artisti che l’hanno influenzata e che hanno lavorato con lei, e così è partita a contattare Stevie Nicks per registrare assieme Prove You Wrong, che apre il disco.

Sheryl ripresenta Cross Creek Road cantata con Neil Young e Redemption Day tratto dal suo secondo album e che Johnny Cash aveva coverizzato in un suo disco postumo, mixando le due voci nel drammatico brano suonato al piano. Propone quattro cover: la già citata Border Lord, Beware of Darkness di George Harrison cantata con Sting e suonata da Eric Clapton, ed Everything Is Broken di Bob Dylan che vede la partecipazione di Jason Isbell. Sempre alla chitarra viene scomodato Keith Richards per rifare la soft The Worst degli Stones.

Poi abbiamo 12 canzoni nuove di pacca cantate con Willie Nelson, Bonnie Raitt, Walsh degli Eagles, James Taylor, il più Grammypremiato Vince Gill e tanti altri musicisti del country e folk cantautorale americano.

Story Of Everything è il brano che tocca un mix tra rap, pop e blues insieme al rapper Chuck D, la voce nera di Andra Day e la chitarra blues di Gary Clark Jr. che gira su un riff accattivante alla Prince.

Si scade nel pop con Wouldn’t Want To Be Like You con St. Vincent, ma Sheryl non è nuova a queste cadute commerciali. Un bell’addio come uno sogna da bambino, con un disco fatto insieme agli idoli con cui si è cresciuti, omaggiando la buona musica.

Non si potrebbe volere altro e lei si merita il nostro saluto anche se pare aver scelto la strada che mi fa meno contento.

 

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Luca Paisiello
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